Una collaborazione straordinaria tra Sega e Disney crea, all’inizio degli anni Novanta, il miglior gioco di sempre dedicato al papero più pigro e irascibile di Paperopoli
di Mattia Ravanelli© IGN
Difficile isolare una singola scelta che, al debutto degli anni Novanta, abbia concesso a Sega l’occasione della vita con il suo Mega Drive. Si trattò, piuttosto, di una serie di scelte azzeccate, una torta multistrato di eccellenti intuizioni e mosse appetibili dal punto di vista commerciale. Col senno di poi e quindi considerata la dissennatezza che ha contraddistinto i seguenti dieci anni di Sega, nelle vesti di produttore di hardware, viene quasi da dire che l’epoca del Mega Drive venne graziata da un qualche patto con un qualche diavolo.
Tra le idee più efficaci della prima fase della console a 16 bit nera c’è la serie di giochi realizzata in collaborazione con Disney. Prima ancora che fosse Sonic the Hedgehog a raccogliere il vessillo di Sega e a farlo sventolare con prepotenza in giro per il mondo, il compito era stato assolto con una certa abilità da Topolino. Nel 1990 l’accordo tra Sega e Disney dà vita a Castle of Illusion: Starring Mickey Mouse, un gioco di piattaforme bello, colorato, piacevole e divertente. Nessuno ha dubbi, è il miglior videogioco che sia mai stato dedicato, fino ad allora e forse fino a oggi, all’icona Disney.
Passa solo un anno e il colpaccio viene bissato con Quackshot: Starring Donald Duck. A onor del vero il gioco non replica con millimetrica precisione quanto fatto vedere da Castle of Illusion, in termini di qualità assoluta e di successo commerciale. Si tratta comunque di un ottimo esperimento, ricordato con estremo piacere da chiunque ci abbia messo le mani sopra in quegli anni. In Quackshot la classica struttura da gioco di piattaforme di Castle of Illusion viene parzialmente modificata per dare vita a un’avventura dal respiro più ampio e dall’evoluzione meno prevedibile.
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Vestito come un quasi-Indiana Jones e sempre coadiuvato da Qui, Quo e Qua, Paperino si muove tra Paperopoli, l’India, l’Egitto e il Polo Nord. A sua disposizione una pistola che lancia sturalavandini, ben prima che certi Rabbids imponessero lo strumento all’attenzione del pubblico. Ogni livello di gioco è suddiviso in due fasi e se la prima, all’esterno, può essere affrontata nell’ordine che si preferisce (selezionando la destinazione a cui deve dirigersi l’aereo di Paperino senza alcun divieto), per addentrarsi nei dungeon di ciascun mondo occorre risolvere dei puzzle e avere a disposizione strumenti ben precisi.
Il lavoro svolto dal team capitanato Emiko “Emirin” Yamamoto è inattaccabile sotto il profilo estetico, con colori caldi, carichi e suggestivi che disegnano mondi in cui si muove un Paperino animato fino alle piume del… beh, sì, del sedere. E quando lo sfortunato papero ingurgita un paperoncino si arrabbia come un pazzo. O, più precisamente, come si arrabbierebbe Paperino.
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Yamamoto, già al lavoro su Castle of Illusion, è qui alla sua seconda, vera esperienza in ambito professionale. Quella che può essere definita come una trilogia, usando un po’ di fantasia, si conclude nel 1993 con World of Illusion, ancora sotto l’occhio vigile di Emirin e che vede riuniti Topolino e Paperino in un’unica avventura.
A proposito di Fantasia, sempre nel 1991 Sega pubblica un gioco dedicato al capolavoro d’animazione del 1940. Non c’è Yamamoto a occuparsene e, guarda un po’, si rivela il meno ispirato del lotto.