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Super Off-Road: polvere negli occhi e gloria sotto alle gomme

Super Off-Road nasce da Super Sprint e conquista ogni console e sistema da gioco, merito anche dell'uomo d'acciaio

di Mattia Ravanelli
22 Gen 2020 - 11:17
 © IGN

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Forse era destino che la vita, la carriera e la storia di Ivan Stewart cambiassero per un infortunio altrui. Succede nel 1973, quando partecipa alla sua prima gara off-road subentrando al pilota titolare della dune buggy che spinge fino al trionfo finale. Dopotutto era Stewart che avrebbero chiamato “uomo d’acciaio”,  Ironman, e non il povero malcapitato. Nemmeno lui, però, aveva immaginato che una certa fetta della sua notorietà gli sarebbe stata offerta dai videogiochi. Per un impallinato di motori e gare fuori strada, classe 1945, nato nel vasto e rurale Oklahoma, i videogiochi nel 1989 sono uno scherzetto tecnologico di scarso interesse.

Invece succede. Succede che la Cinematronics di Dragon’s Lair, da poco ribattezzata Leland Games, distribuisca nelle sale giochi e nei bar di mezzo mondo Ironman Ivan Stewart’s Super Off-Road. Di per sé un gioco dalle ambizioni modeste, ma che si insinuerà inesorabilmente tra le maglie di qualsiasi “softeca” dell’epoca.

L’idea è delle più semplici: riprendere e mandare a memoria la lezione impartita da Super Sprint di Atari qualche anno prima. 

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Un circuito visualizzato dall’alto, una serie di veicoli che si danno battaglia per alcuni giri, con l’inquadratura che rimane fissa e comprende l’intero circuito. Un sistema di gioco semplice, un’immagine sempre perfettamente leggibile, pochissime regole e comandi da imparare. Si accelera, si gira a destra o a sinistra e si raccolgono e ottengono soldi per potenziare il bestione. Se possibile è consigliabile tagliare il traguardo di fronte al resto del “pacchetto”. Fine. O meglio, inizio: del divertimento.

Super Off-Road sta tutto qua e riesce a diventare un piccolo gioco di culto perché è tanto banale quanto efficace. Guadagna le attenzioni di un pubblico sempre più numeroso e variegato godendo di una quantità di conversioni apparentemente infinita. Figura bene, in particolar modo, in ambito PC. Siamo al passaggio tra anni ’80 e ’90 e i personal computer sono sul punto di guadagnare le mostrine come macchina da gioco, ma la maturazione non si è ancora celebrata quando si accendono i motori di Super Off-Road.

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Della riduzione per console si occupa Graftgold, etichetta fondata da Steve Turner (forse avrete “sentito” parlare di lui attraverso la colonna sonora di Uridium), mentre la zona di computer e microcomputer è gestita direttamente da Virgin Interactive, allora in piena fase ascendente.

C’è anche l’occasione per un seguito più o meno diretto su Super Nintendo nel 1993 (Super Off-Road the Baja, curato dall’autore originale John Morgan) e uno apocrifo, ma della stessa Leland, in sala giochi nel 1991 (Indi Heat). Morgan tornerà ancora con Dirt Trax FX, di nuovo per Super Nintendo: uno dei pochi giochi con elementi 3D per la console giapponese.

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