Guerra Israele - Hamas: i ruoli di Turchia, Egitto, Libano e Iran
© Withub
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"Marito e moglie, che hanno anche passaporto israeliano, quindi hanno doppia cittadinanza, erano nel kibbutz di Beeri", ha spiegato il ministro
Due italiani da 48 ore sono dispersi in Israele in seguito all'attacco di Hamas. "Si tratta di due cittadini italiani, marito e moglie, che hanno anche passaporto israeliano, quindi con doppia cittadinanza che erano nel kibbutz di Beeri e che non rispondono all'appello e che non sono rintracciabili". Lo ha dichiarato il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, aggiungendo che "insieme alle autorità israeliane stiamo verificando dove sono e cosa può essere loro accaduto. Probabilmente sono stati presi in ostaggio oppure risultano dispersi, non abbiamo ancora la certezza". Proprio nel kibbutz di Beeri, vicino al confine orientale con la Striscia di Gaza, l'organizzazione rabbinica Zaka ha annunciato la scoperta di 108 corpi. E, infine, si registrano anche l'angoscia e l'attesa dei connazionali che tentano di lasciare il Paese. Vertice Italia-Usa-Gb-Francia-Germania: "Fermo sostegno a Israele, priorità vita ostaggi".
Gli italo-israeliani "sono un uomo e una donna, marito e moglie, prima pensavamo si trattasse di padre e figlio, che vivevano nel kibbutz di Beeri e non rispondono alle chiamate della famiglia. Probabilmente sono stati presi in ostaggio oppure risultano dispersi, non abbiamo ancora la certezza", ha spiegato Tajani.
"La nostra ambasciata, il nostro consolato e l'Unità di crisi della Farnesina sono al lavoro, al contatto con le autorità di Tel Aviv. Speriamo di ritrovarli ma in questo momento non abbiamo altre notizie, è probabile che siano stati presi in ostaggio", ha ribadito.
"Insieme alle autorità israeliane, stiamo cercando di scoprire dove siano e che cosa sia successo loro", ha concluso il ministro, precisando che vi sono "circa mille ragazzi con doppio passaporto, che svolgono il servizio di leva nell'esercito israeliano".
Sui due cittadini con doppio passaporto, italiano e israeliano, dispersi "non abbiamo ancora novità, stiamo seguendo da vicino insieme al nostro ministero degli Esteri, i nostri diplomatici, la nostra intelligence", ha detto il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni. "Sono tutti allertati per loro e per i diversi doppi cittadini che attualmente si trovano in Israele. Ovviamente intendiamo dare massimo sostegno a ogni nostro cittadini", ha aggiunto.
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Il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha partecipato a una riunione telefonica con il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, il primo ministro britannico, Rishi Sunak, il presidente della Repubblica francese, Emmanuel Macron, e il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, dedicata all'esame della grave crisi apertasi dopo il barbaro attacco di sabato scorso perpetrato da Hamas ai danni dello Stato di Israele. Lo rende noto la presidenza del Consiglio.
I cinque capi di Stato e di governo hanno espresso un "fermo sostegno ad Israele e una inequivocabile condanna degli spaventosi atti criminali di Hamas, che hanno causato un terribile numero di vittime innocenti, inclusi bambini, donne ed anziani". Si e' quindi discusso delle iniziative politiche più urgenti da intraprendere insieme. "La tutela della vita degli ostaggi, a partire dai bambini anche di tenera età, è una priorità assoluta e su di essa si concentreranno gli sforzi diplomatici. Il presidente Meloni - conclude palazzo Chigi -, nel riaffermare il diritto di Israele a difendersi, ha indicato la necessità di operare per evitare un ampliamento della crisi a livello regionale e per tutelare la popolazione civile coinvolta. I cinque capi di Stato e di governo hanno concordato di mantenersi in costante contatto nel prosieguo della crisi".
C'è chi invece resta per il momento a Gerusalemme dopo aver affittato una camera in albergo: "Ero andato a trovare i miei amici e la mia famiglia ad Haifa e proprio il giorno dell'attacco, quando sarei dovuto partire, il mio volo per l'Italia è stato cancellato. Adesso sono bloccato qui in attesa di tornare a Firenze a breve, tra qualche giorno", riferisce Karem Rohana, logopedista italo palestinese.
"Mi trovo nella città vecchia, dove solo un'ora fa è suonata l'ultima sirena di allarme. C'è una situazione spettrale con l'esercito armato, dove è tutto chiuso a parte piccolissimi market e qualche turista che ancora si aggira per la zona", aggiunge Rohana.
I 38 pellegrini italiani residenti a Verona, bloccati a Gerusalemme in un albergo nella zona araba, potranno invece rientrare in Italia con un volo dalla Giordania. Il loro convoglio - ha spiegato un parlamentare veneto in contatto con la Farnesina - sarà scortato via terra ad Amman, dove poi avranno la possibilità di imbarcarsi e tornare in patria". Il parroco veneto, don Mirko Dalla Torre, che accompagna i pellegrini, ha raccontato di aver "sentito le sirene, visto i razzi e il fuoco di contraerea. Non è stato piacevole. Ora siamo in hotel, ma per fortuna stanno tutti bene".
Chi è appena rientrato, intanto, tira più di un sospiro di sollievo. "C'è stato sicuramente un ritardo nella reazione da parte delle autorità israeliane, perché la città si è svuotata non appena ci sono stati i primi allarmi che ci hanno mandato subito nel panico - spiega Chiara, una ragazza italiana arrivata all'aeroporto di Fiumicino da Tel Aviv. - E' stato grazie alla Farnesina e all'ambasciata che ci hanno aiutato a capire dove andare e come muoverci e dove recarci in caso di nuovi allarmi ed esplosioni". Chiara spiega che "partire dall'aeroporto non è stato facile. Sono stata sette ore in fila per prendere un volo che poi ho trovato in internet e l'ho subito prenotato. Dopo di che ho fatto altre quattro ore di fila davanti al check-in. Insomma, una vera e propria maratona ma ce l'ho fatta".
Arrivano da Como, Milano e Trento i primi cittadini italiani rientrati a Malpensa: Giulia, volontaria a Betlemme, dice di non aver avuto difficoltà a tornare "perché avevo il passaporto giusto, se sei europeo è più facile. A Tel Aviv sono arrivata con il taxi. Sabato mattina c'era l'inferno", conclude prima di lasciarsi andare a un abbraccio liberatorio coi genitori.
Intanto restano altri italiani non registrati da rimpatriare. "Non abbiamo notizie esatte sugli italiani presenti nell'area degli scontri perché molti non sono registrati nelle app del ministero degli Esteri - dice ancora Tajani -: riteniamo che siano circa mille, che si aggiungono ai 18mila di cui si ha certezza e stiamo lavorando per rimpatriarli tutti".