© Tgcom24 | Per gentile concessione di Martina Gasperotti
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Martina Gasperotti di Reggio Emilia aveva 28 anni e stava per salire al 107mo piano quando il primo aereo è arrivato. "Anche in questa ricorrenza mi chiudo in casa: è il mio momento di riflessione", commenta a Tgcom24
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Di quel giorno lontano vent'anni restano ancora impressi nella mente i rumori, gli odori, "il calore che arrivava dal terreno". "Non si può dimenticare, che sia passato un anno, cinque, dieci, venti", racconta a Tgcom24 Martina Gasperotti, 48enne igienista dentale di Reggio Emilia, la sopravvissuta italiana dell'11 Settembre. Era a New York da due giorni per iniziare un corso universitario di Inglese e nel momento dello schianto del primo aereo era proprio nella Torre Nord, davanti a un ascensore del pian terreno, al telefono con sua madre. Voleva raggiungere il 107mo piano dove si trovava il ristorante panoramico "Windows of the World" per prenotare la cena. Era la sua prima volta a New York e voleva regalarsi un momento da cartolina alla fine di una giornata di lezioni.
Sua madre, dunque, è stata la prima in Italia a sapere cosa stesse accadendo a New York?
"In realtà no, perché neanche io sapevo cosa stesse accadendo. Le ho raccontato tutto solo a tarda sera, quando sono riuscita a richiamarla. Quella era solo una telefonata di saluto, di pochi minuti, davanti a quell'ascensore, quando ho sentito il primo fragore. Ma in una città così rumorosa come New York, con la metro che fa tremare il pavimento al suo passaggio e le sirene continue, non ho dato peso alla cosa. Solo quando ho visto la gente uscire e guardare in alto ho pensato che anche per me fosse meglio uscire, perché magari era scoppiata una tubatura... Né io né quelli con me sapevamo dell'aereo entrato tra il 93esimo e il 99esimo piano; dal lato esterno in cui ero non si vedeva lo squarcio. Mi sono dovuta allontanare un po' per capire e per assistere allo schianto dell'altro aereo nella Torre Sud. Ma tutti intorno erano certi che le Torri non sarebbero comunque crollate".
A distanza di tempo, qual è l'immagine e qual è il rumore che non riesce a togliersi dalla testa?
"Eravamo tutti con il naso all'insù e ricordo quei fogli bianchi sparsi in aria che brillavano al sole sotto un cielo limpidissimo, come mai era stato in quei giorni. Un'immagine davvero suggestiva se non fosse per la tragedia che era in corso. Di lì a poco mi sarei ritrovata a scappare il più forte e il più lontano possibile, sporca di polvere e di sangue non mio. E mentre oggi si affievolisce il ricordo del tonfo dei corpi che cadevano dalle torri, resta vivo in me il boato assordante del secondo aereo, che volava bassissimo tra i grattacieli prima dello schianto nella Torre Sud. Ecco questo tipo di rumore mi spaventa ancora oggi".
Cos'ha fatto quando ha compreso la gravità dei fatti?
"Ho iniziato a correre più che potevo, ma l'istinto mi ha portato lontano dalla massa di altra gente terrorizzata che fuggiva e ho scelto una via poco affollata che mi ha portato sotto la West Side Highway lungo il fiume Hudson. Speravo di non cadere e di non essere travolta. In tutto quel caos pensavo di essere in salvo e anche da lì, ormai passate un paio d'ore, ho scattato alcune foto".
Ha avuto la freddezza di scattare foto anche sotto le Torri?
"Sì, ma non la chiamerei freddezza. Avevo con me la mia macchina fotografica con il rullino e ho scattato le prime due foto alle Torri quando ero ancora lì sotto. Avrei potuto scattarne tante altre, ma sarebbe stato troppo macabro. Mi sentivo come chi assiste agli incidenti e fotografa".
Mentre ricorda il suo 11 Settembre, quali altri momenti le tornano in mente?
"Quelli dei giorni successivi. Sono rientrata in Italia il 17 settembre quando lo spazio aereo è stato riaperto e nei giorni precedenti mi ritrovavo a vagare per Manhattan, nei parchi, tra i newyorkesi che piangevano, pregavano, cercavano i loro cari. Io ero viva, stavo bene, ma partecipavo emotivamente al loro dolore. Soffrivo con loro. L'incredulità del primo giorno era sparita davanti alla consapevolezza di una tragedia immane. Quel trauma mi ha tolto il sonno per parecchio tempo".
Era quella la sua prima volta a New York. E' mai più tornata?
"Sono tornata l'anno dopo, l'11 settembre del 2002 con mia madre, perché ho voluto ripercorrere quanto accaduto. Negli occhi ho ancora oggi bello vivo in me cosa facevo, cosa vedevo, in quale direzione correvo... E poi sono tornata lì dieci anni fa con la mia famiglia e mia figlia, ma ho mandato tutti a visitare la Statua della Libertà, mentre io sono rimasta da sola alla cerimonia di commemorazione. La vivo sempre come un momento tutto mio".
Com'è cambiata la sua vita?
"In tutto. Al ritorno mi sono licenziata dal posto fisso e sono diventata una libera professionista. Questo dal punto di vista lavorativo. Per il resto sono diventata fatalista e più che al domani penso a vivere oggi. Ho cambiato il mio modo di vedere le cose: che vadano come devono andare, senza stare a combattere battaglie senza senso".
Vent'anni dopo quel giorno che ha segnato l'inizio di una nuova era e con le vicende afghane prepotentemente d'attualità qual è il suo pensiero?
"L'11 Settembre ha dato il via all'era degli attentati terroristici che hanno colpito anche l'Europa. L'Italia è stata risparmiata ma ciò non vuol dire che siamo immuni. Per questo bisogna cercare di stare più sereni e volersi bene, ma senza dimenticare quello che accade intorno a noi, quali sofferenze vivono altri popoli".