Alcuni lo ricordano come il "Robin Hood" della Colombia ma a causa sua in 20 anni morirono migliaia di persone. La sua villa bunker diventerà un parco giochi in ricordo delle vittime
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E' finita su un tetto di Medellin, il 2 dicembre del 1993 la storia del più grande narco trafficante del mondo: sotto i colpi della polizia 25 anni fa moriva Pablo Escobar, barone della cocaina. Una scena che fu ritratta anche in un celebre quadro del colombiano Fernando Botero. Quel giorno - all'indomani del suo 44esimo compleanno e cinque mesi dopo essere comparso per la settima volta nella lista di Forbes delle persone più ricche del pianeta - il corpo insanguinato di Escobar che giaceva sul tetto veniva mostrato dalle tv ed esibito dalla polizia come un trofeo. Da allora l'anniversario viene vissuto in Colombia con un misto fra repulsione e ammirazione, dolore e gratitudine.
A 25 anni di distanza, le autorità si preparano a demolire l'Edificio Monaco, il bunker quartier generale del re del narcotraffico, nel quartiere di El Poblado. Al suo posto sorgerà un parco pubblico dedicato alle migliaia di persone uccise in Colombia dal 'narcoterrorismo', cioè nella guerra fra cartelli della droga che hanno combattuto fra loro e contro lo Stato negli anni 80 e 90.
Maledetto, vergognosamente accettato, talvolta venerato, ma mai ignorato. Il "capo" responsabile di migliaia di morti è diventato un fenomeno che supera le frontiere della Colombia. Il narcotrafficante ha causato almeno 3mila morti e la paura dominava la quotidianità in quegli anni, ma Escobar incarnava un modello di "rivincita sociale per i poveri", ai quali ha dato "case, lavoro, soldi e gioielli", afferma Omar Rincon, esperto dell'università di Los Andes. Tanto che in tanti lo ricordano come "Il Robin Hood colombiano".
Di Escobar scrisse il Nobel Gabriel Garcia Marquez nel suo "Notizia di un sequestro" e più recentemente la sua storia ha appassionato in tanti su Netflix con la serie "Narcos". La vedova e i figli, come pure il fratello e l'amante più conosciuta hanno scritto della loro vita vicino a lui; come pure hanno fatto poliziotti che contro di lui hanno combattuto e il suo ex braccio destro Popeye. Alla fine, i gusti stravaganti di chi da piccolo delinquente è diventato uno degli uomini più ricchi del globo non hanno contaminato solo la mafia: oggi guidare una 4X4, indossare la camicia aperta che lascia intravedere una catena d'oro, magari vicino a una bionda tinta, sono per molti simboli di successo.
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"Non vogliamo più che ci siano bambini che dicono di volere essere come Pablo Escobar quando crescono", spiega Manuel Villa, segretario comunale di Medellin, che sarà incaricato del countdown prima della distruzione di Edificio Monaco. Il gigantesco palazzo bianco di otto piani in cui Escobar ha vissuto nell'ultimo periodo, simbolo dell'opulenza decadente della mafia colombiana negli anni 80 e 90, è caduto in rovina negli anni successivi alla morte del narcotrafficante.
Porta ancora le cicatrici del primo attacco con autobomba avvenuto in Colombia nel 1988, che segnò l'inizio di una guerra sanguinosa fra cartelli della droga rivali. La demolizione è in programma per febbraio. "Il Monaco è diventato un luogo di apologia della criminalità, del terrorismo. Più che demolire un edificio, si tratta di distruggere una struttura mentale", afferma Villa. Secondo le autorità di Medellin, nelle violenze del narcotraffico furono uccise 46.612 persone fra il 1983 e il 1994. Il parco che sorgerà al posto del palazzo costerà 2,5 milioni di dollari, mentre rinnovare la casa cadente secondo il Comune sarebbe costato 11 milioni di dollari.