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Sono già nove e potrebbero nel giro di un mese diventare 26. Ma il rischio più grave è la corsa agli aborti clandestini
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Nemmeno 24 ore dopo la decisione della Corte Suprema americana che di fatto dà la possibilità ai singoli Stati di vietare l'aborto, sono già nove quelli che hanno imposto il divieto. Ma entro un mese potrebbero diventare 26 gli Stati che adotteranno una legge che vieterà l'interruzione di gravidanza. Secondo vari media diverse donne che avevano già prenotato i loro interventi per il fine settimana, sono state rimandate a casa dalle cliniche costrette alla chiusura. Negli Stati dove ci sarà il divieto all'aborto chi avrà possibilità economica andrà dove sarà consentito. Ma per chi non ha i mezzi, è la paura, ripiegherà sugli aborti clandestini, con i conseguenti pericoli per la salute.
L'America fatica a fare i conti con il radicale cambiamento imposto dalla decisione della Corte Suprema. A dominare le prime pagine dei quotidiani e i titoli dei notiziari televisivi è ancora lo sconcerto per il passaggio "storico" con il quale, in tema di diritti, è stata ridisegnata la mappa dell'Unione.
Già nove Stati hanno vietato l'aborto - Almeno nove Stati, con una popolazione di circa 40 milioni di persone, hanno imposto il divieto di interruzione di gravidanza. In altri Stati, come in Idaho, North Dakota e Texas, le autorità hanno annunciato che attenderanno i 30 giorni previsti dalle leggi restrittive già adottate - e tenute nel cassetto in attesa della decisione della Corte Suprema - prima di vietare le interruzioni di gravidanza. In Ohio, la legge che vieta l'aborto dopo sei settimane di gravidanza, bloccata da tre anni, è entrata in vigore in queste ore. Lo stesso sta per accadere in Tennessee e, a cascata, in altri Stati del sud e del Midwest. In Wisconsin potrebbe presto entrare in vigore una legge antiaborto del 19esimo secolo, in Michigan un divieto risalente agli anni '30 del secolo scorso, che proibisce l'interruzione di gravidanza anche nei casi di stupro e incesto.
Il caos impera, ci saranno centinaia di ricorsi - Intanto, nella confusione imperante, che durerà per settimane e mesi, con ricorsi e contro ricorsi nei tribunali, sono già iniziati, per chi può permetterselo, i viaggi dagli Stati che vietano l'aborto a quelli che lo consentono. Il rischio, per le donne che non hanno i mezzi per sostenere le spese di questi viaggi, è che si finisca col ripiegare sugli aborti clandestini, con i conseguenti pericoli per la salute.
Le mosse del presidente Biden - Prima di partire per l'Europa, dove parteciperà ai vertici G7 e Nato, Joe Biden è tornato a commentare la "terribile" e "scioccante" decisione presa dalla Corte. Il presidente ha ribadito che la sua Amministrazione "agirà" per "proteggere i diritti riproduttivi" delle donne. Come annunciato venerdì, la Casa Bianca punta soprattutto alla tutela legale per le donne che vorranno recarsi da uno Stato antiabortista in uno Stato abortista e sulla distribuzione, anche per posta, della pillola abortiva.
Al momento, queste sono le uniche opzioni a disposizione del presidente, che ha però promesso battaglia in vista delle elezioni di medio termine di novembre. Nonostante l'appello al Congresso lanciato in queste ore, Biden sa bene che l'unica possibilità affinché i diritti della 'Roe v. Wade' vengano finalmente "codificati" in una legge federale, è ottenere una solida maggioranza alla Camera e al Senato. Ecco allora che l'aborto, la cui messa al bando colpisce indiscriminatamente sia le elettrici democratiche che quelle repubblicane, potrebbe diventare l'arma dei Democratici per invertire l'esito di un voto che appariva già inevitabilmente favorevole ai Repubblicani.
L'aborto un boomerang per i Repubblicani? - Del fatto che l'aborto rischia di diventare un boomerang per il suo partito ne è consapevole anche Donald Trump. L'ex presidente, risultato decisivo nelle decisione di ieri con la nomina di tre giudici ultra conservatori nella Corte Suprema, pubblicamente ha salutato l'abolizione della 'Roe v. Wade' del 1973 come "una decisione presa da Dio". In privato, riportano i retroscena della stampa Usa, avrebbe però ammesso che si è trattata di una "pessima" decisione per i repubblicani, che rischia di alienare al partito il voto di milioni di donne.
La Corte Costituzionale nel mirino - Vari quotidiani e media Usa stanno ora confrontando le testimonianze in tema di aborto dei giudici conservatori della Corte Suprema, nelle loro audizioni di conferma davanti al Senato, con quanto da loro affermato nella decisione presa venerdì. In molto casi, la distanza tra le rassicurazioni fornite riguardo alla conferma dei precedenti giurisprudenziali della Corte e il clamoroso ribaltamento di venerdì appare evidente. Il rischio è ora quello di una delegittimazione del massimo tribunale Usa agli occhi di milioni di cittadini, la percezione di un 'corpo estraneo' rispetto al sentire comune del Paese.
Esplode la rabbia, proteste in tutto il Paese - Da Washington al New Mexico, da New York a Seattle, le proteste contro la decisione della Corte Suprema americana di annullare il diritto all'aborto infiammano gli Stati Uniti. Per la maggior parte manifestazioni pacifiche non sono mancati momenti di tensione quando la polizia ha sparato i lacrimogeni contro i dimostranti a Phoenix che, secondo gli agenti, stavano tentando un assalto al Senato dell'Arizona.
"Marce ogni giorno", era stata la promessa delle organizzazioni che difendono i diritti riproduttivi delle donne - Planned Parenthood, Bans Off Our Bodies e Women's March - e finora così è stato. Per il secondo giorno consecutivo centinaia di migliaia di persone sono scese per le strade delle principali città americane e hanno dichiarato guerra alla sentenza della Corte. Davanti al massimo tribunale a Washington l'afflusso di gente non si è fermato per 48 ore. Dopo una breve apparizione dei pro-life, la piazza a pochi passi da Capitol Hill è quasi interamente occupata da attivisti per l'aborto venuti da tutto il Paese, giornalisti e turisti ignari del terremoto che sta sconvolgendo gli Stati Uniti. Il principale ponte della capitale americana, Frederick Douglass Memorial Bridge, è stato chiuso per diverse ore dopo che un attivista, Guido Reichstadter, si era arrampicato e aveva srotolato un striscione verde, il colore simbolo del diritto all'aborto.
Le manifestazioni nelle varie città - A New York è prevista un'altra grande manifestazione alla quale ha annunciato la sua partecipazione la stella dell'ala più a sinistra dei democratici, Alexandria Ocasio-Cortez. Subito dopo la sentenza la deputata era andata davanti alla Corte Suprema invitando gli americani a scendere nelle strade e accusando i giudici di aver compiuto "un'ingiustizia". Cortei anche a Los Angeles, Seattle, Austin, Miami, Atlanta e in tante altre città. A Phoenix ci sono stati attimi di panico dopo che la polizia ha sparato gas lacrimogeni sulla folla accusata di voler tentare un assalto al Senato in stile 6 gennaio.
Assalto al Senato, si temeva un altro "6 gennaio" - "Gli agenti hanno usato i lacrimogeni dopo che una folla di manifestanti ha ripetutamente colpito le porte di vetro dell'edificio del Senato", ha spiegato il portavoce del dipartimento della sicurezza dell'Arizona Bart Graves. L'incidente è stato confermato anche da una senatrice democratica dello Stato. "Stavamo lavorando dentro al palazzo quando siamo stati interrotti dal rumore di colpi sull'ingresso e dall'odore di gas lacrimogeni", ha scritto su Twitter Sarah Liguori.
Un'auto ha travolto i manifestanti in Iowa - Paura durante una manifestazione a Cedar Rapids, in Iowa, quando un pick-up guidato da un uomo di circa 60 anni si sarebbe lanciato contro la folla. Una donna è stata ricoverata in ospedale ma non ci sono stati altri feriti. I video postati sui social media mostrano la macchina che procede contro i manifestanti, soprattutto donne, tra le urla terrorizzate di chi stava partecipando alla dimostrazione. Alcune corrono dietro al pick-up nel tentativo di fermarlo. Secondo testimoni la protesta, alla quale hanno partecipato circa 400 persone, si stava svolgendo in modo pacifico prima dell'incidente. La polizia ha sminuito parlando di una banale lite tra i manifestanti e che l'autista non si è fermato al semaforo.