L'esecuzione è stata rimandata di alcune ore per attendere l'esito dell'ultimo appello alla Corte Suprema. Il condannato alla pena capitale era sopravvissuto a un'iniezione letale nel 2022
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Kenneth Eugene Smith è stato giustiziato con l'azoto nel penitenziario di Holman ad Atmore, in Alabama. È la prima volta nella storia, americana e mondiale, che una condanna a morte viene eseguita con questo metodo controverso. Il 59enne, condannato per omicidio, è stato dichiarato morto alle 20:25 locali, dopo che l'esecuzione è stata rimandata di alcune ore per attendere l'esito dell'ultimo appello alla Corte Suprema. Due giorni prima gli stessi giudici avevano respinto la richiesta di impedire all'Alabama di giustiziare Smith con l'azoto. La condanna dell'Onu: "Questo metodo potrebbe essere una tortura".
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Prima dell'esecuzione con azoto gassoso puro, la Corte Suprema degli Stati Uniti aveva negato a Smith l'ultima possibilità di appellarsi contro l'inedito e controverso metodo scelto per eseguire la condanna. Proprio la decisione delle autorità dell'Alabama di ricorrere all'azoto aveva spinto tre giudici di orientamento progressista della Corte Suprema statunitense - Sonia Sotomayor, Ketanji Brown Jackson ed Elena Kagan - a esprimersi in favore dell'appello di Smith, che però è stato respinto dagli altri sei giudici della Corte.
"Avendo fallito nell'uccidere Smith al primo tentativo, l'Alabama lo ha scelto come sua 'cavia' per testare un metodo di esecuzione mai tentato prima. Il mondo sta osservando. Questa Corte ancora una volta permette all'Alabama di sperimentare con una vita umana", ha affermato Sotomayor. Smith era sopravvissuto nel novembre 2022 a un primo tentativo di eseguire la condanna a morte a suo carico tramite una iniezione letale, a causa dell'incapacità dei funzionari carcerari di praticare l'iniezione intravenosa. Da allora, gli avvocati dell'uomo hanno tentato più volte di appellarsi all'esecuzione della condanna tramite azoto, sostenendo che il detenuto corresse il rischio di soffocare nel suo stesso vomito prima di entrare in stato vegetativo. La decisione del sistema carcerario dell'Alabama di eseguire una sentenza capitale tramite asfissia da azoto è stata condannata dall'Onu e da diversi gruppi per i diritti umani.
Il 59enne Kenneth Smith si trovava nel braccio della morte nella prigione di Holman da 34 anni, per aver ucciso nel 1988 Elizabeth Sennett su commissione del marito, un pastore con debiti che voleva riscuotere il premio dell'assicurazione e che poi si è suicidato. Al processo con 11 voti a favore e un solo contrario, la giuria decise per l'ergastolo, ma il giudice annullò la decisione e inflisse la pena capitale. Era sopravvissuto già a un'iniezione letale, fallita nel 2022.
Il primo tentativo oltre un anno fa con un'iniezione letale andò male, trasformandosi in una vera tortura: gli operatori gli trafissero mani e braccia per più di un'ora con la siringa ma non riuscirono a trovare la vena, sospendendo l'esecuzione per il rischio di non riuscire a rispettare i tempi previsti. A mezzanotte di quel giorno, infatti, era scaduta l'applicabilità della condanna a morte. Poii l'Alabama ha deciso di riprovarci con un metodo alternativo mai sperimentato prima: l'ipossia da azoto.
Ma come funziona l'ipossia da azoto? Si tratta di una pratica legale negli Stati Uniti e consiste nel far inalare a una persona azoto puro, uccidendola quindi per ipossia, cioè carenza di ossigeno. Un metodo che però è considerato contrario ai diritti umani da diverse organizzazioni non governative e anche dalle Nazioni Unite, secondo cui uccidere Smith in questa maniera equivarrebbe a una tortura. Come specificato in un protocollo pubblicato dallo Stato dell'Alabama, il condannato ha dovuto indossare un respiratore simile a quelli utilizzati per inalare ossigeno. Dalla maschera però è uscito gas di azoto, somministrato per almeno 15 minuti oppure per 5 minuti a partire dal momento in cui non viene più registrato il battito cardiaco. Secondo le autorità dell’Alabama, Smith avrebbe perso conoscenza in pochi secondi, per morire nel giro di pochi minuti. Sulla carta, dunque, non avrebbe provato dolore.