Da anni, Dom Phillips e Bruno Pereira denunciavano le ripetute violazioni dei diritti delle tribù indigene e la politica anti-ambientalista del Paese
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In Amazzonia (Brasile), due vittime si aggiungono alla lunga lista di attivisti uccisi per il loro tentativo di denunciare le violazioni dei diritti delle tribù indigene da parte del governo di Bolsonaro. Sono Dom Phillips, 57 anni, reporter britannico, e Bruno Pereira Araújo, 41anni, antropologo brasiliano, profondo conoscitore dei popoli indios. Alla base del delitto, la documentazione della pesca illegale.
La scomparsa e il ritrovamento - I due uomini sono stati visti per l'ultima volta il 5 giugno su un'imbarcazione che viaggiava sul fiume Itaquai nella Valle Javari, la parte occidentale della foresta amazzonica. Dodici giorni dopo, il 17 giugno, i loro cadaveri sono stati ritrovati nelle vicinanze delle rive del corso d'acqua. La polizia brasiliana ha riferito che i due sono stati uccisi usando armi da caccia: Phillips è stato colpito alla testa, Pereira anche all'addome.
Negli scorsi giorni, i sospetti erano ricaduti su due fratelli, Amarildo, detto "Pelado", e Oseney da Costa de Olivera, entrambi pescatori. Secondo alcune segnalazioni, questi avevano minacciato i collaboratori durante il loro viaggio. A seguito delle denunce, erano stati arrestati per possesso illegale di arma da fuoco. In carcere, il "Pelado" ha confessato l'omicidio e ha guidato le Autorità nel luogo dove sono stati sepolti l’antropologo brasiliano e il giornalista britannico. Il 18 giugno, una terza persona si è costituita alla Polizia: Jefferson da Silva Lima.
Il movente - Il duplice delitto sarebbe stato motivato dal fatto che Pereira e Phillips stavano fotografando la pesca illegale condotta dai due fratelli da Costa, insieme ad altri colleghi, nella regione. Da anni, le popolazioni indigene, aiutate da associazioni come Survival Internetional Italia, organizzazione che lotta contro lo sterminio delle tribù "incontattate", quei gruppi di Indiani che non hanno mai avuto rapporti col mondo esterno, denunciano le continue attività illegali che avvengono nella Valle Javari: un punto caldo per il traffico di droga, il bracconaggio e l’estrazione mineraria.
Il caso è stato seguito a livello internazionale e ha suscitato molto clamore e il governo del presidente brasiliano, Jair Bolsonaro, è ritenuto “complice” di quanto accaduto. Da sempre, la sua politica volta al potenziamento del settore agroalimentare ha portato alla deforestazione dell'Amazzonia, violando anche i diritti umani dei nativi e attivisti.
227 attivisti uccisi nel 2020 - Solo nell'ultimo anno in cui i dati sono stati raccolti dalla ONG Global Witness, il 2020, sono stati uccisi quattro difensori dell'ambiente ogni settimana, 227 tra attivisti come Pereira e giornalisti come Phillips. I paesi più pericolosi per la protezione attiva degli ecosistemi sono Colombia, Messico e Filippine. Il Brasile, con 20 omicidi, è al quarto posto.
© Twitter: Dom Phillips
Chi erano le vittime - Dom Phillips viveva in Brasile da anni, lavorando come reporter per testate come il Guardian, il Financial Times, Il Washington Post e il New York Times. In passato si era occupato di musica, in particolare aveva raccontato la scena rave britannica e aveva scritto un libro sull'ascesa della musica elettronica. Successivamente aveva seguito i mondiali di calcio in Brasile del 2014 e i giochi olimpici di Rio de Janeiro nel 2016. Poi, la sua grande missione è diventata quella di parlare della situazione ambientale dell'Amazzonia.
"How to save Amazon" sarebbe stato il titolo del suo prossimo libro, dove avrebbe raccontato come nella più importante foresta del mondo uno sviluppo sostenibile sia ancora possibile. Il viaggio che stava facendo era volto a raccogliere informazioni per completare il lavoro con l'aiuto di Bruno Pereira Araújo. L'antropologo, padre di due figli, era stato funzionario della Fondazione nazionale dell'indio (Funai) ed era un profondo conoscitore delle tribù "incontattate" della foresta pluviale.
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La Valle Javari, un'area di traffici illegali - È una delle aree indigene più vaste del Brasile e si trova al confine col Perù. Si estende per oltre otto milioni di ettari e al suo interno vivono sei popoli indigeni: i Kanamari, i Marubo, i Matis, i Matsés, i Kulina e i Korubo; la cui popolazione totale è di circa 4.000 individui. I politici del Paese, legati alla potente industria del legname e al traffico della droga, esercitano un'enorme pressione su questa zona, dove si trovano alcuni centri commerciali importanti per queste attività.
Gli esperti hanno calcolato che il 90% del legname abbattuto nella regione dell'Amazonas proviene dalla Valla Javari. I trafficanti di droga inoltre hanno costruito delle piste di atterraggio nella valle per contrabbandare la cocaina in Brasile.