Le fiamme imperversano in Brasile, Venezuela e Bolivia. Le politiche di deforestazione la causa principale
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La foresta amazzonica continua a bruciare. Si stima che vada a fuoco l'equivalente di tre campi di calcio al minuto. Gli ambientalisti accusano gli allevatori, mentre il presidente del Brasile Bolsonaro sostiene che i roghi siano stati appicati dalle ong ambientaliste e denuncia un complotto contro il Paese. Intanto le potenze industriali cercano una soluzione al G7 in corso in Francia. In questo caos non sono ancora chiare le cause degli incendi e di chi siano le responsabilità di ciò che sta accadendo.
Dove brucia L'area boschiva dell'Amazzonia copre 5,5 milioni di chilometri quadrati. La foresta è situata per circa il 65% del territorio in Brasile, ma si estende anche in Colombia, Perù, Venezuela, Ecuador, Bolivia, Guyana, Suriname e Guyana francese. Secondo l'Istituto nazionale di ricerche spaziali del Brasile (Inpe) solo nella settimana dal 19 al 25 agosto sono scoppiati tremila nuovi incendi. Il più vasto e intenso al momento è in corso nella zona di confine tra Brasile, Bolivia e Paraguay: la striscia di fuoco imperversa per più di cento chilometri. Il Brasile è lo stato più colpito dagli incendi: l'ultimo aggiornamento dell'Inpe, datato 24 agosto, ha calcolato che nel 2019 nella foresta pluviale brasiliana sono scoppiati 40mila roghi. Un alto numero di focolai si registra anche in Venezuela (26.523) e in Bolivia (18.398).
Quanto brucia Il numero di roghi nella zona boschiva brasiliana è alto e preoccupante, ma non tanto da stabilire un record. Un rapporto della Nasa ha calcolato che il fenomeno incendi nel bacino dell’Amazzonia è simile a quella degli ultimi quindici anni. Se l’attività dei roghi sembra essere al di sopra della media negli regioni brasiliane di Rondônia e Amazonas, finora è apparsa al di sotto della media nel Mato Grosso e nel Pará. In realtà nella regione amazzonica gli incendi sono rari per gran parte dell'anno perché il tempo umido impedisce loro di iniziare e diffondersi. Tuttavia, a luglio e agosto, l'attività in genere aumenta a causa dell'arrivo della stagione secca. In genere, l'attività raggiunge un picco all'inizio di settembre e si ferma principalmente a novembre. Aspettando i dati definitivi del 2019, l'anno più disastroso degli ultimi diciassette è stato il 2005, durante il quale andarono in fumo 160mila chilometri quadrati di foresta.
Perché brucia La maggior parte degli incendi scoppiati questa estate sono stati provocati dall'uomo. Le politiche di deforestazione strappano la terra alla foresta per destinarla al pascolo degli animali. Gli alberi vengono tagliati tra luglio e agosto, lasciati in campo per perdere umidità e poi bruciati. Quando ritorna la stagione delle piogge, l'umidità del terreno denudato favorisce lo sviluppo di vegetazione nuova per il bestiame il cui allevamento è responsabile dell'80% della deforestazione in corso. Il disboscamento, oltre a essere devastante per l'ambiente, è anche poco produttivo: il 63% delle aree deforestali sono utilizzate pochissimo, il 23% sono abbandonate. Secondo gli ambientalisti le politiche di Bolsonaro avrebbero incoraggiato gli agricoltori e le società produttrici di legname a disboscare. Dall'inizio dell'anno, da quando è cominciato il suo mandato, il presidente del Brasile ha ridotto le sanzioni, gli avvertimenti e i sequestri operati dalle autorità brasiliane verso le società coinvolte nella deforestazione illegale.
Cosa si sta facendo Domenica 25 agosto il presidente francese Macron ha affermato che i leader dei paesi partecipanti al G7 (Stati Uniti, Germania, Regno Unito, Giappone, Francia, Canada e Italia) sono vicini a trovare un accordo su come aiutare i paesi sudamericani a spegnere gli incendi. Al vertice di Biarritz, in Francia, è stato proposto lo stanziamento immediato di venti milioni di euro per fronteggiare l'emergenza. Intanto il presidente brasiliano Bolsonaro ha ordinato all'esercito di sedare i roghi in sette regioni del paese e ha annunciato di aver accettato l’aiuto del primo ministro israeliano Netanyahu. In Bolivia il presidente Morales ha sospeso la sua campagna elettorale per via degli incendi e si è detto pronto ad accettare aiuti internazionali per contrastare le fiamme nella regione di Chiquitania. Il leader colombiano Duque ha detto che cercherà di raggiungere un accordo con gli altri paesi amazzonici per la conservazione della foresta pluviale: ne parleranno prima alla fine di agosto nel corso di una serie di incontri bilaterali in Perù, poi all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite a settembre.