sempre più sotto tiro

Ancora polemiche su Boris Johnson, spunta un altro party a Downing Street durante il lockdown

Alla festa in giardino del 20 maggio 2020 avrebbero partecipato decine di invitati, a cui è stato chiesto di portare da bere. Il premier si scusa: "Pensavo fosse lavoro" 

12 Gen 2022 - 19:04

Nuova tegola per il primo ministro britannico Boris Johnson, accusato, nuovamente, di aver violato le restrizioni per il Covid-19. Le polemiche sono scoppiate per un party del 20 maggio 2020 nel giardino di Downing Street. A incastrare l'amministrazione la mail inviata dal segretario privato del premier a decine di invitati in cui si esortano i partecipanti a "portarsi da bere". Johnson si è scusato precisando: "Pensavo fosse un evento di lavoro". 

Johnson ha insistito che le regole non sarebbero state "tecnicamente violate", ma ha riconosciuto la rabbia del Paese.

E la festa di maggio è solo l'ultima delle violazioni alle restrizioni Covid-19 di cui è stata accusata l'amministrazione Johnson. Nei giorni scorsi un'altra polemica era scoppiata per un party di Natale. A complicare la posizione del premier è il fatto che il 20 maggio 2020, lo stesso giorno del raduno in giardino, il governo aveva tenuto una conferenza stampa ricordando ai cittadini che non potevano riunirsi con più di una persona non appartenente al proprio nucleo familiare.

ll sottosegretario Michael Ellis Ellis aveva sottolineato che anche l'evento al centro dell'ultima polemica finirà sotto la lente dell'inchiesta indipendente sulle feste organizzate in sedi istituzionali nei periodi in cui erano in vigore forme di lockdown. Allo stesso tempo Scotland Yard sta conducendo accertamenti. Ellis ha cercato di difendere a spada tratta l'integrità e la buona fede del primo ministro da un'aula in cui i parlamentari dell'opposizione erano chiaramente in maggioranza e si sono levate anche richieste di dimissioni da parte di singoli esponenti.

Intanto in due sondaggi compiuti nelle ultime ore, la maggioranza degli elettori ritiene che Johnson si dovrebbe dimettere, così come auspica anche la leader scozzese Nicola Sturgeon. Tante le accuse di spregiudicatezza e faciloneria rivolte al premier, ma soprattutto gli attacchi per aver violato misure imposte a una popolazione che ha duramente pagato per quelle restrizioni: deputati, fra cui uno di loro in lacrime (Jim Shannon del partito unionista Dup), e media hanno ricordato i casi di britannici che a causa del lockdown non sono potuti stare al fianco dei loro cari mentre morivano di coronavirus in ospedale.

Il 20 maggio del 2020, data al centro dello scandalo, era stata da poco allentata la rigida indicazione dello "stare a casa", che permetteva alle persone di uscire solo per rifornirsi di cibo, medicine e per fare esercizio quotidiano, ma era consentito solamente incontrare un'altra persona al di fuori della proprio famiglia, purché in un luogo pubblico all'aperto e rispettando una distanza di due metri.

Johnson sta tentando di resistere anche a questa bufera politica e mediatica mantenendo la barra a dritta il più possibile, sebbene le continue fughe di notizie sugli eventi "vietati" facciano emergere una fronda interna al partito che gli rema contro ed è sempre pronta allo sgambetto. Resta (per ora) al suo posto Martin Reynolds, il capo della segreteria personale del primo ministro, autore della email incriminata con cui si invitava un centinaio fra funzionari e collaboratori all'evento del 20 maggio nel giardino di Downing Street, con tanto di indicazione a portarsi l'alcool.

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