Accuse anche dalla Gran Bretagna, e Teheran convoca l'ambasciatore Gb rinfacciando a Londra di essere l'unica a sostenere la tesi americana
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Dopo gli americani e i britannici, anche i sauditi accusano apertamente l'Iran di aver attaccato le due petroliere nel Golfo dell'Oman. Lo afferma il principe ereditario Mohamed bin Salman: "Il regime iraniano non ha rispettato la presenza a Teheran del premier giapponese, anzi ha risposto ai suoi sforzi di mediazione attaccando le due petroliere, una delle quali era nipponica".
L'Iran intanto ha convocato l'ambasciatore britannico per respingere le accuse di aver attaccato le due petroliere. Ma nel frattempo i sauditi, acerrimi nemici di Teheran, premono per una "risposta rapida e decisiva", evocando i rischi di un rallentamento delle forniture di petrolio.
Non ci sono quindi soltanto gli Stati Uniti in prima fila nell'attribuire all'Iran l'attacco dei giorni scorsi, in cui sono rimaste coinvolte due navi cargo norvegesi e giapponesi. Il governo britannico ha spiegato che, in base alle sue valutazioni, la responsabilità di Teheran appare "quasi certa", nella considerazione che nessun altro avrebbe potuto compiere tale atto.
Da qui lo strappo diplomatico: Teheran ha convocato l'ambasciatore britannico rinfacciando a Londra proprio di essere l'unica a sostenere la tesi americana.
Negli Usa il rischio di una guerra inizia a percepirsi. E nel Congresso si studia un modo per fermare Trump nel caso facesse scattare l'opzione militare. Democratici e repubblicani, in particolare, stanno ipotizzando un blocco della vendita di armi ad Arabia Saudita ed Emirati, ma anche il divieto dell'uso di fondi federali per operazioni militari contro Teheran senza previa autorizzazione del Congresso.