Maurizio Pistore, insegnante di educazione fisica 57enne, di Pontelongo (Padova), nel suo viaggio attraverso i 5 continenti sta raccogliendo fondi a favore di Emergency
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"Le persone non sono buone e cattive, lo diventano a seconda delle realtà che vivono. Ho conosciuto la passione e la professionalità di chi lavora con Emergency e so che possono fare la differenza". Nasce da questa certezza la decisione di Maurizio Pistore, insegnante di educazione fisica 57enne, di Pontelongo (Padova), partito a bordo della suo scooter, un Quadro 350D, per un giro del mondo (attraverso 5 continenti e 41 nazioni, per un totale di 100mila km), per raccogliere fondi a favore dell'organizzazione di Gino Strada.
"Ero su una spiaggia deserta del Messico, insieme a un mio compagno di viaggio, nel mezzo di una Los Angeles-Panama e "contavamo" i luoghi che ci mancavano. E in realtà, dopo aver viaggiato in tutti e i 5 continenti, ci restava da fare solo il giro del mondo tutto in una volta. Il mio amico era entusiasta, io più titubante... e invece, una volta tornato a casa, un giorno ne parlo, en passant, con mia moglie Anna... e grazie a lei e al suo entusiamo ho deciso e ho iniziato ad organizzare... il mio amico invece per ora ha rimandato...".
Come nasce la collaborazione con Emergency?
"Ho conosciuto personalmente la realtà di Emergency, e in particolare della clinica cardiochirurgica Salam di Khartoum in Sudan, durante un precedente viaggio nel 2008; ne sono rimasto colpito per la professionalità e dallo spirito con cui lavorano. Sentivo di dover far qualcosa anch'io e alla fine è venuta fuori l'idea del giro del mondo".
Come, nel pratico, si raccolgono fondi con un giro del mondo in moto?
"Nel mio sito (www.motorbiketeam.com), una sezione è dedicata al fundraising sempre a favore di Emergency e chi vuole quindi può fare una donazione. Poi partecipo e ho partecipato a serate ed eventi in Italia e all'estero. A maggio per esempio abbiamo organizzato una sorta di galà all'Istituto di Cultura Italiano a San Francisco in collaborazione con Emergency USA, ed io ero una sorta di ospite d'nore. E infine con questo viaggio si sono creeati contatti, e quindi possibili future collaborazioni, tra Emergency e alcuni dei miei sponsor (Quadro e Sector ... )".
Come hanno reagito le persone che le sono vicine quando le ha detto che sarebbe partito?
"In diversi mi hanno dato del matto, ma molti mi invidiano ... forse perché non sanno delle giornate sotto la pioggia, delle strade fangose, e sabbiose e gelate".
Quale è il piano del viaggio?
"L'itinerario è stato dettato sia dalle situazioni geopolitiche (l'Africa per esempio non si attraversa ad ovest o al centro: Nigeria e Congo non sono consigliabili), sia dal mio desiderio di vedere luoghi non ancora conosciuti. Inoltre il viaggio, iniziato ad ottobre, è stato pensato in modo da poter attraversare i 5 continenti nel momento più propizio: l'Africa quando ci sono poche piogge, la Patagonia quando è caldo, ecc. Di solito faccio in media sui 5-600 km al giorno, ma mi sono fermato anche dopo soli 150 o sono arrivato a fare 1048 km in sterrato nell'Outback australiano".
Ci sono stati momenti in cui ha pensato di mollare?
"Durante la traversata dell'Outback australiano, ho percorso quasi 200 km fatti completamente di sabbia e fango. Non sono un gran motociclista e ho difficoltà nella guida fuoristrada: continuavo a ripetermi "Forza Pistore, tieni aperto il gas e non mollare". Ho rischiato di cadere decine di volte ma alla fine ce l'ho fatta. E poi una giornata in Argentina, sul ripio (la strada sterrata patagonica, fatta di sassi e sabbia), con un gran freddo, pioggia ed un vento terribile che arrivava trasversalmente...lì ho seriamente pensato di non farcela!"
Ci sono stati Paesi più ospitali e altri meno?
"Non ho trovato Paesi inospitali ma solo Paesi che vivono situazioni molto più difficili delle nostre: se mi rubano qualcosa per la strada in Etiopia non mi arrabbio perché so che andrà a qualcuno che ne ha bisogno... Se proprio devo dire qualcosa che non mi è piaciuto sono in genere le frontiere del centroamerica: macchine mangiasoldi per turisti occidentali".
"In Mexico, per esempio, non volevano farmi entrare alla frontiera perché non sono proprietario della moto (è intetstat a Quadro ed io ho una delega per guidarla in tutto il mondo); quando gli ho detto che avevo attraversato 13 frontiere e non c'erano stati problemi mi hanno risposto che eravamo in Messico e le leggi le facevano loro. Ho dovuto fare la "voce grossa", fingendo di chiamare il consolato italiano e solo allora hanno trovato "una scappatoia" e sono riuscito ad entrare senza problemi".
"D'altra parte in Nicaragua sono arrivato di sera e non sapevo dove andare; mi fermo a mangiare a Jinotepe ed i padroni, uno di origine armena e l'altra di origine spagnola ,si fermano a parlare con me: mi chiedono chi sono, da dove vengo, ecc. Alla fine mi hanno invitato a dormire a casa loro, così, su due piedi...".
E ha mai avuto problemi con le persone incontrate? Situazioni difficili?
"Non ho mai avuto veramente paura, puttosto ho vissuto situazioni di "disagio", dovute principalmente alla diffidenza. Sentivo di essere percepito come "diverso" perché bianco, turista, e quindi "ricco". Poi si entra in contatto e ogni diffidenza (da entrambe le parti) scompare. La gente "del popolo" è buona ovunque, solo le situazioni che rendono "cattive" le persone".
Conoscere tante popolazioni e tante realtà differenti cosa le ha insegnato? Le ha fatto capire di più l'Italia?
"Ogni volta che sono tornato a casa dai viaggi precedenti ero sempre meno schizzinoso di quando ero partito, più attento alle cose veramente importanti.. penso che sarà così anche questa volta. Poi parlando con le persone in varie parti del mondo ho sentito cosa gli "altri" pensano dell'Italia (e non sempre è un bel giudizio, soprattutto per quello che riguarda la politica). Ma soprattutto ovunque ho incontrato giovani laureati italiani.
A Geraldton, Western Australia, ad esempio, ho conosciuto Stefano, giovane laureato che sta facendo il lavapiatti in una brutta pizzeria pseudo-italiana perché in questa maniera ha la possibilità di imparare la lingua e potersi poi proporre come insegnante nelle scuole italiane all'estero, perché nel nostro Paese non ci sono prospettive. A Sidney invece ho incontrato Marco, ingegnere meccanico, uno dei migliori del suo corso, che dopo tre anni di "lavoretti" in Italia ha deciso di andare in Nuova Zelanda per provare a farsi una vita lì.
Cosa si immagina che le rimarrà di questo viaggio una volta finito?
"Ho la grandissima fortuna di realizzare i miei sogni; mi reputo fortunato di poter viaggiare come ho fatto in questi ultimi vent'anni. Ho conosciuto realtà molto diverse dalle nostre, non migliori o peggiori, ma diverse. Io ho sempre pensato, e penso ancora, che solo dalla conoscenza e dal confronto di e con gli altri si può crescere e migliorare".