ALLA RICERCA DELLA VERITA'

I marò sono innocenti: ecco perché

Toni Capuozzo ricostruisce per Tgcom24 i fatti di quella notte nel mare indiano: l'ombra di un'imbarcazione greca sopra la sparatoria che ha portato alla morte dei due pescatori locali

30 Giu 2013 - 14:34
 © Ansa

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Il ministro della Difesa Mario Mauro sabato scorso, a Brindisi, nella caserma che è stata la caserma di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone si è detto fiducioso della possibilità che i due fucilieri di marina possano scontare la pena in Italia. Il ministro degli Esteri Emma Bonino, pochi giorni fa, ha parlato di una soluzione “rapida e giusta” alla vicenda che si protrae da un anno e mezzo. Noi siamo in grado di dire che, al contrario, speriamo in un non luogo a procedere o in un’assoluzione piena per non aver commesso il fatto, sia pure davanti a una corte indiana, che in base al diritto internazionale non può essere il giudice naturale per un fatto avvenuto al di fuori delle acque territoriali indiane. 

Lo diciamo in base a un paziente e caparbio lavoro di ricerca di documenti e di incrocio degli stessi, che ci consente di sostenere la piena innocenza dei nostri marò. Non è compito di chi ha a cuore la loro sorte, né compito di chi si occupa della difesa di un incriminato ricercare il vero colpevole, onere che spetta all’accusa. Basterebbe evidenziare i clamorosi e ripetuti errori dell’impianto accusatorio indiano, ma abbiamo voluto anche ipotizzare una plausibile dinamica dell’incidente del 15 febbraio 2012 che ha visto la morte di due innocenti pescatori indiani.

I fatti

Tra le 16 e le 16.30 – ora indiana – la Enrica Lexie è avvicinata da un’imbarcazione sospetta. Non ricevendo risposta a segnalazioni luminose e acustiche, il team dei fucilieri di marina a bordo spara dei colpi in acqua, mentre l’equipaggio viene fatto riparare nei locali blindati della cosiddetta “cittadella”. L’imbarcazione sospetta cambia rotta e si allontana. Nella circostanza il comandante Vitelli lancia l’allarme SSAS Alert, che avvisa in tempo reale, tra gli altri, anche la Guardia Costiera indiana.

Alle 19.16 il comandante Vitelli invia una mail riferendo l’accaduto allo MSCHOA del Corno d’Africa e all’UKMTO (UK Maritime Trade Operations). La Guardia Costiera indiana riceve copia della mail. Alle 23.20 il peschereccio St Anthony rientra nel porto di Neendankara. A bordo di sono due pescatori uccisi da colpi d’arma da fuoco. Il capitano e armatore Freddy Bosco dichiara alle televisioni che l’incidente di cui sono state vittime è avvenuto intorno alle 21.30. E conferma di aver allertato immediatamente, via radiotelefono la Guardia Costiera indiana.

Alle 21.36 la Guardia Costiera indiana si è messa per la prima volta in contatto con la Enrica Lexie, invitandola a rientrare a Kochi . Con tutta evidenza ha avuto notizia da pochi minuti dei due morti, e ha collegato il fatto con la notizia dell’incidente della Lexie.

Alle 22.20 la nave greca Olympic Flair comunica all’IMO (Organizzazione Marittima Internazionale) di aver subito un attacco da due imbarcazioni pirata, che desistono davanti all’allerta dell’equipaggio. Che non ha subito danni, specifica il messaggio. La Guardia Costiera indiana a questo punto ha sul tavolo tre fatti: un incidente avvenuto alle 16.30 – la Lexie – due pescatori uccisi alle 21.30, un altro incidente avvenuto prima delle 22.20. Ma ha anche a disposizione la Lexie che sta rientrando a Kochi, mentre la nave greca è ben lontana. E si getta sulla prima pista, nonostante una differenza di cinque ore tra i due primi incidenti, e la sovrapposizione degli ultimi due (Attacco alle 21.30 secondo Bosco, allarme Olympic Flair 50 minuti dopo).

Se si sia trattato di errore in buona fede, di accanimento su un teorema investigativo, di presunti colpevoli offerti sul piatto d’argento, di speculazione politica alla vigilia di una campagna elettorale, non sta a noi dirlo qui. Quello che è certo è che l’inchiesta indiana ha peccato da subito di un’omissione di indagini. Ed è altrettanto certo che poi gli orari sono stati piegati a confermare il teorema. Non conosciamo gli atti delle prime indagini, né l’andamento delle indagini in corso da parte della NIA. Ma è probabile che entrambe contengano una ricostruzione dei fatti simile a quella apparsa sulla rivista ufficiale della Guardia Costiera indiana. Che sposta nel tempo (alle 18.25) l’attenzione sulla Lexie (che in realtà come abbiamo visto comunica l’avvenuto alle 19.16). Che dichiara l’avvistamento della Lexie da parte di un aereo della Guardia Costiera alle 19.50, e l’intercettazione del mercantile italiano da parte di una motovedetta alle 20.45. In realtà – lo confermano i documenti in nostro possesso – tale mobilitazione avviene solo dopo le 21.36, dopo aver avuto notizia della morte dei due pescatori. Una tale manipolazione dei dati getta una luce obliqua su molti altri punti dell’inchiesta, dalla perizie balistiche all’analisi dei tracciati radar.

Un’ipotesi che possiamo avanzare è che intorno alle 21.30, in condizioni di oscurità, il mercantile greco venga attaccato da un’imbarcazione pirata. Nei pressi, sfortunatamente, c’è il St Anthony. I greci scambiano le due imbarcazione come parti di un unico attacco pirata. Il St Anthony viene preso nel mezzo (ciò che spiegherebbe la singolar inclinazione dei colpi finiti sul peschereccio, conficcatisi con traiettoria non inclinata, come i colpi che si sparano da una grande petroliera verso un barchino, ma quasi orizzontali). Chi potrebbe aver sparato dall’Olympic Flair ? A fatica i greci hanno ammesso che a bordo c’era un team di una security ellenica, la Diaplous. Secondo fonti greche, un team senza armi. Improbabile, e se fossero stati armati, avrebbero avuto armi con calibro Nato.

Ma è un’inchiesta che non tocca a noi. Quel che ci interessa è quel buco di cinque ore tra i due incidenti. La stessa distanza che passa tra la colpa e l’innocenza.  

Toni Capuozzo 

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