E' sopravvissuta per miracolo all'attacco di un cecchino e ora abita con la sua famiglia in un campo profughi
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Sindos, 10 anni, originaria di Jasim, Siria meridionale, sembra una bambina perfettamente normale, ma ha una pallottola incastrata profondamente nel lobo temporale destro, proprio dietro una treccina.
"E' stata colpita il 16 maggio del 2011", racconta suo padre Fatih Harron, 35 anni, nel container metallico di due metri per tre che rappresenta ora la sua casa nel campo profughi di Zaatari, in Giordania. Come gli altri 50.000 bambini di Zaatari, Sindos sta soffrendo l'ondata di gelo che ha colpito il Medio oriente e provocato la morte di almeno due bambini, in Siria, per assideramento.
Sindos è sopravvissuta miracolosamente a un colpo che secondo i primi medici che l'hanno visitata, le avrebbe dovuto provocare la morte certa. "Ma è viva! Deve prendere degli antibiotici e degli antiepilettici ma sta bene - dice il padre ringraziando il cielo - il freddo però le provoca emicranie che nel suo caso sono molto pericolose".
Nonostante la sua unicità, Sindos non è l'unica bambina a riportare ferite da guerra, nell'ultimo anno oltre 1.000 minori residenti nel campo rifugiati di Za'atari, sono stati curati per lesioni causate da materiale bellico. In Libano, secondo un recente rapporto dell'Onu, i piccoli siriani ricoverati sono stati più di 700 solo nei primi sei mesi del 2013.
Fatih è convinto che a colpire la figlia sia stato un cecchino, perché all'epoca la città era sotto assedio; Sindos aveva solo 8 anni. "C'erano i soldati del regime in città - racconta - e non potevamo muoverci, abbiamo rispettato il coprifuoco finché un giorno dagli altoparlanti della moschea ci hanno detto che potevamo uscire di casa dalle 8 alle 12 del pomeriggio. Così ne ho approfittato per andare a comprare del cibo. Sulla strada di casa, vedendomi arrivare, Sindos mi è venuta incontro. 'Baba, baba', sono le ultime parole che le ho sentito dire prima di vederla cadere a terra".
Dalla testa le sono uscite solo poche gocce di sangue". Sindos perde i sensi e viene trasportata prima in un ospedale di Jasim, controllato dai ribelli, poi in un ospedale del regime, più attrezzato, a Damasco, dove "mi hanno detto che non c'era niente da fare, le hanno fatto la radiografia e hanno stabilito che non era operabile. Dovevamo rassegnarci al fatto che sarebbe morta".
Dopo due giorni però la bambina riprende i sensi, ma al risveglio può muovere solo la parte sinistra del corpo. "L'abbiamo portata a casa per fare della fisioterapia, ma il regime ha ripreso a bombardare, io sono rimasto ferito da una granata". Fatih tira su i pantaloni e mostra un grande squarcio mal cicatrizzato sul polpaccio sinistro. Con il peggioramento delle condizioni di salute del padre Sindos inizia a regredire. "Abbiamo deciso di lasciare tutto e andare in Giordania. Avevo una piccola fabbrica dolciaria, e ora sono un profugo".