Il Foglio sulla crisi internazionale
L'azione terroristica in Arabia Saudita, con l'uccisione di civili, non del mondo islamico, ma europei, americani, asiatici, rende ormai evidente che vi è un partito armato del petrolio, che agisce con singolare sincronismo rispetto alle vicende politiche internazionali. Lo scopo dell'azione era dimostrativo: far comprendere che l'Arabia Saudita sbaglia a voler accrescere la produzione Opec di due milioni di barili al giorno, per aiutare le economie mondiali in ripresa.
E che sbagliano i non arabi che collaborano con i sauditi nell'economia petrolifera locale. Dovrebbero andarsene al più presto se non vogliono diventare vittime di altri atti terroristici. L'attentato però non è stato ben calcolato, dal punto di vista del calendario, perché la chiusura delle borse occidentali ha impedito che si conoscessero gli effetti immediati sulle quotazioni del barile, che è l'obiettivo di fondo dell'operazione. La tendenza del greggio a scendere sotto i 40 dollari, che si era accentuata sabato, dopo le reiterate affermazioni dei sauditi di voler aumentare (come previsto e d'accordo con l'Opec) la produzione, quasi certamente si invertirà. Resta però da vedere quanto durerà la nuova impennata, che si inserisce in una bolla speculativa ormai anomala: i fondi di investimento speculativi che hanno scommesso sul rialzo del prezzo, si sono riempiti di "futures" di greggio che non possono andare avanti all'infinito.
D'altra parte, a differenza di quelli iracheni, gli impianti petroliferi sauditi non sono facile preda di attentati: si tratta di condutture sotteranee, manovrate elettronicamente a distanza, che non possono essere sabotati da attentatori dotati di armi convenzionali, per quanto sofisticate. Di conseguenza è difficile ipotizzare un attentato capace di sconvolgere la produzione.
Quanto ai tecnici occidentali e asiatici che dovrebbero lasciare l'Arabia Saudita essi probabilmente si sposteranno nei paesi vicini in luoghi sicuri. Comunque si tratta di una minoranza. Certo, i costi per gli investimenti petroliferi mediorientali tendono ad aumentare. E forse ciò farà finalmente riflettere i paesi europei che avevano considerato l'azione degli alleati in Iraq come una faccenda non loro.