Anche la Germania ha dato suo apppogio
Si avvicina a grandi passi il momento dell'accordo sulla nuova Costitizione europea. Silvio Berlusconi ritiene che si chiuderà entro sera. "Credo di sì, spero di sì - ha risposto il premier - mi sembra che si stia andando verso una possibilità di chiusura". Anche la Germania ha dato il suo appoggio, ma non farà ulteriori concessioni. "La Germania è pronta ad accettare questa proposta, non cambiamenti ulteriori", ha spiegato un portavoce.
Quanto alla successione di Romano Prodi, Berlusconi non ha voluto fare nomi rimandando alla ripresa del negoziato sul futuro presidente della Commissione, in programma dopo la Cig. "Si fanno dopo la conclusione dei lavori della Cig", ha detto.
Sul buon clima del negoziato si sono tuttavia addensate alcune nubi riguardo la nomina del successore di Prodi. Il premier britannico Tony Blair ha attaccato il cancelliere tedesco Gerhard Schroeder e il presidente francese Jacques Chirac. "Siamo in un'Europa a 25, non a 2" ha esclamato il portavoce di Downing Street con disappunto per le pressioni franco-tedesche alla designazione del belga Guy Verhofstadt alla presidenza dell'Esecutivo Ue. Blair si è detto anche contrario all'ipotesi di Schroeder di collegare il negoziato sulla Costituzione Ue alla nomina del presidente della Commissione. E ha definito una scelta "infelice" la critica di Chirac alla Gran Bretagna prima ancora dell'inizio del vertice.
Intanto, la Spagna è pronta ad accettare la formula di compromesso per il sistema di voto nell'Unione europea elaborata dalla presidenza irlandese. A riferirlo è stato il sottosegretario agli Esteri spagnolo, Alberto Navarro. Il governo di Madrid, sotto la guida dell'ex premier popolare José Maria Aznar, aveva bloccato a lungo insieme con la Polonia il sistema di voto previsto dalla Convenzione incaricata di redigere la bozza di Costituzione. Il premier irlandese Bertie Ahern ha proposto di modificare il meccanismo di doppia maggioranza, così da andare incontro alle obiezioni di Spagna e Polonia. In base al piano di Dublino, le decisioni saranno prese con una maggioranza del 55 per cento dei paesi (invece della metà più uno come previsto dalla Convenzione) che rappresentino almeno il 65 per cento della popolazione europea (invece del 60 per cento). Per bloccare una deliberazione sarà necessario un minimo di quattro Paesi.