Il presidente americano dichiara ai cronisti di poter accogliere la richiesta avanzata dall'Australia sul fondatore di WikiLeaks
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Joe Biden "sta pensando" di lasciare cadere le accuse contro Julian Assange, come richiesto dall'Australia. Lo ha dichiarato lo stesso presidente americano ai giornalisti al seguito della Casa Bianca.
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A marzo l'amministrazione Biden aveva avanzato un'altra exit strategy per mettere fine alla spinosa vicenda politico-giudiziaria del fondatore di WikiLeaks, che nel 2010 pubblicò decine di migliaia di documenti classificati legati alla sicurezza nazionale americana, una delle più colossali e imbarazzanti fughe di notizie della storia. L'idea della Casa Bianca era un patteggiamento con una dichiarazione di colpevolezza per un reato meno grave rispetto alla cospirazione finalizzata a violare la legge sullo spionaggio. Un'intesa gli eviterebbe l'estradizione da Londra negli Usa, spianandogli la strada verso la libertà. Assange potrebbe patteggiare da remoto, senza mettere piede negli Stati Uniti, e probabilmente sarebbe scarcerato poco dopo, considerando i cinque anni già scontati nella capitale britannica.
Nel 2010 il fondatore di WikiLeaks pubblicò una miriade di documenti militari top secret e dispacci diplomatici riservati, dall'Afghanistan all'Iran e a Guantanamo, fino ai rapporti con gli alleati, mettendo gravemente in pericolo e in imbarazzo gli Usa. Da allora iniziò il suo calvario: l'immediata accusa di stupro in Svezia (poi caduta), il lungo asilo nell'ambasciata ecuadoregna a Londra dal 2012, l'arresto dopo che lo cacciarono dalla sede diplomatica per il suo comportamento controverso. Barack Obama decise di non incriminare Assange per non creare un precedente contro i media che pubblicano informazioni classificate. E commutò la pena di 35 anni, liberandola dopo sette, a Chelsea Manning, l'analista dell'esercito che passò il materiale a Wikileaks. Fu solo nel 2019 che il dipartimento di giustizia Usa annunciò l'incriminazione, sotto l'amministrazione di Donald Trump. Ma pare che prima l'allora presidente avesse offerto segretamente la grazia ad Assange a una condizione: scagionare la Russia dai sospetti di aver partecipato alla divulgazione tramite Wikileaks delle email hackerate al partito democratico nel 2016.
Joe Biden ora vorrebbe togliersi questa "patata bollente" in piena campagna elettorale, evitando i rischi di un processo che trasformi Assange in un martire del primo emendamento sulla libertà di parola e di stampa. Anche perché ben difficilmente potrebbe subire una condanna superiore ai cinque anni già trascorsi dietro le sbarre. La sua libertà sembra comunque ipotecata: se dovesse saltare il patteggiamento, può invocare l'impegno preso in passato dagli Usa a trasferirlo nella sua Australia per scontare eventuali pene. E il governo di Canberra, da sempre supportivo nei suoi confronti, potrebbe mitigare la sentenza e liberarlo subito.