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In migliaia sono scesi in piazza per chiedere le dimissioni della senatrice. Disordini a La Paz, dove la polizia ha lanciato lacrimogeni. Morales: "E' il golpe più subdolo della storia del Paese"
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La senatrice dell'opposizione Janine Anez si è autoproclamata presidente della Bolivia, cancellando come primo atto il motto di Evo Morales "Patria o Morte". Dal canto suo l'ex capo di Stato, dal Messico, ha gridato "al golpe più subdolo e nefasto della storia" del Paese. Si sono registrati diversi scontri a La Paz, dove in migliaia sono scesi in piazza per chiedere le dimissioni di Anez. Un ventenne è morto colpito alla testa da un proiettile.
Il giovane è morto a Yapacani, nel dipartimento di Santa Cruz, dove i sostenitori di Morales nel pomeriggio avevano occupato il municipio.
L'autonomina di Anez Anez si è autonominata alla guida del Paese dopo non essere riuscita a raggiungere il quorum dei voti in un Parlamento controllato per i due terzi dal partito di Morales, i cui deputati hanno disertato la seduta. La sua nomina, raggiunta con il sostegno dei soli parlamentari dell'opposizione, ha comunque permesso l'avvio di un processo di transizione istituzionale dopo le dimissioni dell'ormai ex presidente per le pressioni dell'esercito. Ora sarà lei a dover portare alla rapida formazione di un nuovo governo e, entro tre mesi, a nuove elezioni.
La tensione nelle strade della Bolivia era diminuita nel pomeriggio, ma i settori vicini a Morales (militanti del Mas, sindacati, minatori del settore pubblico, insegnanti rurali e contadini del Tropico di Cochabamba) sono rimasti sempre sul piede di guerra e decisi a dare battaglia a un potere che considerano anticostituzionale. Polizia e militari sono dovuti intervenire in forza nel dipartimento di Santa Cruz, dove sostenitori dell'ex capo dello Stato avevano occupato l'intero municipio di Yapacaní.
Tensione in strada Gli Stati Uniti hanno chiesto ai familiari dei dipendenti di rappresentanze diplomatiche e imprese di abbandonare il Paese. Nel tardo pomeriggio poi la tensione è risalita a La Paz. La polizia è intervenuta con gas lacrimogeni per bloccare una manifestazione di sostenitori di Morales che si dirigeva verso la Plaza Murillo, dove in migliaia si sono radunati, mentre nel palazzo presidenziale stavano giurando i nuovi vertici militari. Il neo capo dell'esercito, Carlos Orellana Centellas, ha subito invitato alla calma: "Non possiamo spargere altro sangue", ha detto.
La crisi istituzionale In mattinata il boicottaggio del Movimento al socialismo (Mas), che aveva fatto mancare il quorum a Camera e Senato, aveva impedito che l'elezione di Anez avvenisse, come richiede la Costituzione, dopo l'approvazione da parte del Parlamento delle lettere di dimissioni di Morales e del suo vice, Alvaro Garcia Linera. Anez si era quindi appellata agli articoli 169 e 170 della Costituzione e si era proclamata presidente con il sostegno di un gruppo di parlamentari di opposizione, ma con il significativo avallo del Tribunale costituzionale plurinacional (Tcp) che, riferendosi ad una sentenza del 2001, aveva determinato che la successione presidenziale "si basa sul principio dell'immediatezza" per evitare pericolosi vuoti di potere.
Il primo gesto di Anez I media boliviani hanno subito sottolineato che, in assenza di cariche istituzionali che potessero farlo, la fascia è stata messa alla nuova presidente durante la cerimonia di investitura dal comandante in capo delle Forze armate, Williams Kaliman. Come primo gesto, Anez è uscita sulla piazza Murillo per salutare le forze di polizia, determinanti per la rinuncia di Morales, chiedendo "obbedienza e costanza".
Osa: "Autogolpe di Morales" Morales dal Messico ha attaccato anche l'Organizzazione degli Stati americani (Osa), accusandola "di essersi unita al colpo di Stato". Ma da Washington il segretario generale dell'Osa, Luis Almagro, ha rinviato l'accusa al mittente, sottolineando che è stato lo stesso Morales ad aver realizzato "un autogolpe" nel tentativo di "appropriarsi del potere" attraverso elezioni non trasparenti. Nella sua prima conferenza in Messico, il leader 'cocalero' ha sostenuto di essere disponibile a tornare in Bolivia "se il popolo me lo chiede", ma che per questo "c'e' bisogno di intavolare un dialogo nazionale".