Arriva oggi a Bruxelles la lettera che farà partire il conto alla rovescia di due anni per il negoziato di uscita della Gran Bretagna dall'Unione europea. E la premier parlerà a Westminster
Scatta oggi l'ora X, quella in cui a Bruxelles viene consegnata la lettera di "divorzio" della premier britannica Theresa May e quella in cui la stessa May annuncia l'addio all'Unione in Parlamento a Westminster. E' l'ora della separazione dagli ex partner Ue. Con qualche rassicurazione. La premier promette infatti che intende rappresentare "tutto il popolo del Regno Unito", compresi i cittadini europei che hanno fatto di questo Paese la loro casa".
Oggi l'ambasciatore britannico a Bruxelles, Tim Barrow, consegna al presidente del Consiglio Ue Donald Tusk la lettera di notifica dell'articolo 50 del Trattato di Lisbona proprio mentre la May interviene in Parlamento. Scatta a questo punto il conto alla rovescia di due anni per il negoziato di divorzio di Londra dalla Ue. "Quando mi siederò al tavolo dei negoziati nei prossimi mesi - promette la May - rappresenterò tutti i cittadini britannici: giovani, vecchi, ricchi, poveri, e sì, anche i cittadini europei che hanno fatto di questo Paese la loro casa". Questo intende dire la premier, con una indiretta rassicurazione sui diritti dei cittadini Ue, compresi gli italiani (circa 600mila in Inghilterra e Galles, 300mila solo a Londra, secondo stime istituzionali, anche se gli iscritti ai registri dei residenti all'estero sono poco più di 261mila).
"Vogliamo vivere in una Gran Bretagna davvero mondiale, che esce e costruisce le relazioni con i suoi vecchi amici e i suoi nuovi alleati nel mondo", aggiungerà, secondo le anticipazioni di Downing Street, che ha diffuso anche la foto ufficiale che immortala May mentre firma la lettera di notifica all'Ue.
La leader britannica è seduta dietro una scrivania, alle sue spalle un camino e un quadro che rappresenta Robert Walpole, premier dal 1721 al 1742. Sul contenuto della lettera a Tusk, che innesca la "clausola di recesso" dall'Unione, Londra ha mantenuto per ora totale discrezione, per non scoprire le carte alla vigilia di negoziati che saranno comunque difficili.
"Opportunità" - La May comunque non ha dubbi. "Dobbiamo cogliere questa storica opportunità - dice - per emergere nel mondo e plasmare un sempre maggiore ruolo per una Gran Bretagna globale".
Bruxelles: “Futuro dell’Ue non è incerto” - Intanto da Bruxelles la Commissione è tornata a ribadire che l’Ue ed il suo capo negoziatore, Michel Barnier, sono "pronti" al negoziato e che "dopo Roma non c'è ragione per essere preoccupati sul futuro dell’Europa". Mentre Theresa May insiste che l'obiettivo è quello di costruire una "relazione profonda e speciale", crescono i segnali che potrebbe precipitare in una 'hard Brexit', l'uscita senza accordo.
Khan: “Londra resterà aperta all'Europa” - Il sindaco della Londra che aveva votato per il “sì”, il popolarissimo Sadiq Khan europeista successore di Boris Johnson, da Bruxelles ha lanciato il messaggio d'amore per la Ue, “Londra è e resterà aperta all'Europa e alla Ue”, ma ha anche messo in guardia contro la tentazione di “punire” il Regno Unito nella logica del “colpire uno per educarne cento”che traspare ad esempio dalle parole del capogruppo del Ppe, il tedesco Manfred Weber. “Per la Gran Bretagna sarà molto costoso lasciare la Ue”, ha detto l'esponente della Csu, il partito cristiano-democratico bavarese gemello della Cdu di Angela Merkel. Khan ha anche avvertito che gli europei non si devono fare illusioni. Se scatterà il fuggi-fuggi dei banchieri dalla City per la Brexit disordinata, a beneficiarne”, ha sostenuto, “non saranno Parigi, Francoforte, Madrid o Dublino" ma "New York, Singapore e Hong Kong”. Una situazione “perdente per tutti” ha sottolineato lanciando però anche l'appello perché Downing Street mandi “un giusto segnale di buona volontà” garantendo sin nella lettera di domani i diritti degli europei nel Regno.
Rischio per i mercati finanziari - Lo spettro, come rilevato dal ministro delle finanze tedesco Wolfgang Schaeuble, é quello di uno stallo nella trattativa che metterebbe “a rischio la stabilità dei mercati finanziari”. Il nodo principale é quello dell'accesso al mercato unico. Sul quale gli europei sono stati finora compatti: impossibile concederlo se Londra non accetta le “4 libertà indivisibili”, che comprendono quella di circolazione dei lavoratori, rigettata dal referendum. Ma poi c’è la questione del “conto” che Londra dovrebbe pagare per saldare tutti gli impegni presi nel bilancio pluriennale della Ue fino al 2020, per programmi che si concluderanno nel 2023. Una stima ufficiosa è di 58-60 miliardi che Londra non si sogna neppure di accettare. In più ci sono i maggiori costi per i contributi nazionali che i 27 dovranno accollarsi: nel solo 2019, secondo stime spagnole pubblicate dalla Stampa, +4,24 mld per la Germania, +1,78 mld per la Francia e più 1,3 mld per l'Italia.