OPERANTI NEGLI ANNI 70 e 80

Brigate Rosse: sette ex terroristi arrestati in Francia, tra loro anche Pietrostefani | Tre sono in fuga

Tutti sono accusati di atti di terrorismo risalenti agli anni Settanta e Ottanta. Secondo fonti dell'Eliseo saranno necessari due o tre anni per l'estradizione

28 Apr 2021 - 19:40

Sette ex membri delle Brigate Rosse sono stati arrestati in Francia su richiesta dell'Italia. Ad annunciare l'operazione è stato l'Eliseo. Altri tre brigatisti sono in fuga e attualmente sono ricercati. I dieci sono accusati di atti di terrorismo risalenti agli anni Settanta e Ottanta. Tra gli arrestati figura anche Giorgio Pietrostefani, di Lotta Continua. Secondo fonti dell'Eliseo per l'estradizione potrebbero essere necessari 2 o 3 anni.

In manette sono finiti anche Enzo Calvitti, Giovanni Alimonti, Roberta Cappelli, Marina Petrella e Sergio Tornaghi, tutti delle Brigate Rosse, e Narciso Manenti dei Nuclei Armati contro il Potere territoriale. In fuga invece risultano Luigi Bergamin, Maurizio Di Marzio e Raffaele Ventura.

I sette ex brigatisti sono stati arrestati tutti a Parigi. L'operazione è stata condotta dall'Antiterrorismo della polizia nazionale francese (Sdat) in collaborazione con il Servizio di cooperazione internazionale della Criminalpol, con l'Antiterrorismo della polizia italiana e con l'esperto per la sicurezza della polizia italiana nella capitale francese.

"Fino a 2 o 3 anni per l'estradizione" "Fino a 2 o 3 anni" saranno necessari per l'effettiva estradizione degli ex terroristi italiani arrestati oggi in Francia. Lo hanno detto fonti dell'Eliseo, precisando che l'iter giudiziario si aprirà con le udienze caso per caso in corte d'appello. Ci saranno poi possibili ricorsi in Cassazione, quindi, una volta conclusa la procedura, starà al primo ministro emanare un decreto di estradizione. Contro il quale potrà, ancora una volta, essere opposto ricorso davanti al Consiglio di stato.

Brigate Rosse, gli ex terroristi arrestati in Francia

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© Ansa  | Roberta Cappelli, 66 anni, responsabile di tre omicidi avvenuti a Roma: quello del generale dei carabinieri Enrico Calvaligi, dell'agente di Polizia Michele Granato e del vice questore, Sebastiano Vinci. 
© Ansa  | Roberta Cappelli, 66 anni, responsabile di tre omicidi avvenuti a Roma: quello del generale dei carabinieri Enrico Calvaligi, dell'agente di Polizia Michele Granato e del vice questore, Sebastiano Vinci. 
© Ansa  | Roberta Cappelli, 66 anni, responsabile di tre omicidi avvenuti a Roma: quello del generale dei carabinieri Enrico Calvaligi, dell'agente di Polizia Michele Granato e del vice questore, Sebastiano Vinci. 

© Ansa | Roberta Cappelli, 66 anni, responsabile di tre omicidi avvenuti a Roma: quello del generale dei carabinieri Enrico Calvaligi, dell'agente di Polizia Michele Granato e del vice questore, Sebastiano Vinci. 

© Ansa | Roberta Cappelli, 66 anni, responsabile di tre omicidi avvenuti a Roma: quello del generale dei carabinieri Enrico Calvaligi, dell'agente di Polizia Michele Granato e del vice questore, Sebastiano Vinci. 

Il dossier "Ombre rosse" Ombre rosse": così è stato chiamato dalle autorità francesi e italiane il dossier riguardante gli ex terroristi italiani. Dei sette fermati, quattro hanno una condanna all'ergastolo: Roberta Capelli, Marina Petrella, Sergio Tornaghi e Narciso Manenti. Per Giovanni Alimonti ed Enzo Calvitti la pena da scontare è rispettivamente 11 anni, 6 mesi e 9 giorni e 18 anni, 7 mesi e 25 giorni. Giorgio Pietrostefani deve invece scontare una pena di 14 anni, 2 mesi e 11 giorni.

Decisione personale di Macron La decisione di trasmettere alla Procura della Repubblica i nomi dei dieci ex terroristi, su 200 persone che l'Italia ha richiesto nel corso degli anni alla Francia, è stata presa personalmente dal presidente Emmanuel Macron. Secondo fonti dell'Eliseo, con i dieci mandati di arresto, Parigi ritiene "chiusa definitivamente" la vicenda degli ex terroristi degli Anni di Piombo fuggiti e protetti dalla dottrina Mitterrand in Francia.

"Risolto il problema come chiedeva l'Italia" Macron "ha voluto risolvere questo problema, come l'Italia chiedeva da anni. La Francia, anch'essa colpita dal terrorismo, comprende l'assoluto bisogno di giustizia delle vittime". La decisione, ha rimarcato l'Eliseo, "rientra nella logica della necessità imperativa di costruire un'Europa della giustizia, in cui la reciproca fiducia sia al centro". 

La dottrina Mitterand L'operazione è strettamente legata alla dottrina Mitterrand di concedere asilo agli ex terroristi tranne che per i crimini di sangue", ha fatto sapere l'Eliseo. La compilazione della lista dei dieci nomi è il frutto "di un importante lavoro preparatorio bilaterale, durato diversi mesi, che ha portato a prendere in considerazione i reati più gravi". La situazione si è poi sbloccata l'8 aprile con l'incontro in teleconferenza tra i ministri della Giustizia dei due Paesi.

Gli arresti per impedire la prescrizione Nel colloquio dell'8 aprile, il ministyro Cartabia aveva chiesto espressamente che gli ex terroristi fossero assicurati alla giustizia prima che intervenisse una nuova prescrizione. Il 10 maggio, infatti, sarebbe scattata per Maurizio Di Marzio, che è uno dei tre in fuga. Per tutti gli arrestati si ferma il corso della prescrizione.
 

La legale degli ex brigatisti: "La Francia ha tradito" Irene Terrel, storica legale degli ex terroristi italiani in Francia, ha denunciato un "tradimento senza nome" da parte della Francia. "Sono indignata e non ho parole per descrivere questa operazione che assomiglia a una piccola retata".

Difesa Bergamin: "Pena prescritta" La difesa di Luigi Bergamin, ex militante dei Pac e uno dei tre terroristi sfuggiti alla cattura nell'operazione della polizia francese, ha presentato un'istanza ai giudici di Milano per chiedere, attraverso un incidente di esecuzione, la dichiarazione di estinzione per prescrizione della pena di 16 anni e 11 mesi per l'omicidio del maresciallo Antonio Santoro, il capo degli agenti di polizia penitenziaria ucciso a Udine il 6 giugno 1978. Per decidere sulla questione quindi la Corte d'Assise, presieduta da Ilio Mannucci Pacini, ha fissato udienza il 10 maggio. 

La Procura: "C'erano tutti i presupposti per l'arresto di Manenti"  "Non c'erano motivi per non eseguire il mandato d'arresto" per Narciso Manenti e la Procura di Bergamo "ha lavorato per dimostrarlo". Lo ha spiegato il procuratore Antonio Chiappani. L'arresto non era stato eseguito perché, da parte delle autorità francesi, si riteneva che non fosse a conoscenza del processo e quindi fosse stato condannato in contumacia. "In realtà dagli atti risulta che ne fosse perfettamente a conoscenza", ha aggiunto Chiappani.

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