Burundi, le missionarie uccise: "Difficile ma la gioia di far conoscere Gesù è più forte"
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In alcune lettere postate qualche anno fa sul sito della missionarie di Maria le parole di Olga Raschietti e Lucia Pulici sul loro operato in Africa
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Olga Raschietti e Lucia Pulici, due delle tre missionarie italiane uccise in Burundi nel corso di una rapina, descrivevano con parole appassionate e gioiose la loro missione, pur senza nascondersi le grandi difficoltà. I loro sentimenti emergono da alcune lettere postate sul sito delle missionarie. Entrambe sottolineavano come le forze non fossero più quelle di un tempo ma nonostante questo andavano avanti piene di fede e passione.
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"Da oltre quarant'anni sono nel Sud Kivu, nell'est della Repubblica Democratica del Congo - scriveva nel 2011 Olga Raschietti -. Le difficoltà non mancano, ma il desiderio di far conoscere che Dio è Padre, che Gesù è morto e risorto per noi è più forte. Nessuna circostanza può impedirci di essere testimoni dell'amore di Dio. Nella mia attività di catechista, ho anche molto ricevuto. L'entusiasmo dei catecumeni che si preparano al battesimo mi ha fatto riscoprire la bellezza della fede e dell'essere Chiesa. Riconoscere quanto Dio opera nella loro vita è per me fonte di gioia".
La missionaria non si nascondeva le difficoltà della missione ma queste non rendevano l'operato meno appassionato. "Ormai le mie forze diminuiscono, però ancora accompagno dei giovani che si preparano ai sacramenti - continuava -. La situazione rimane difficile, perché la guerra non è ancora finita. Crediamo che la nostra vita offerta a Dio porterà il suo frutto perché finalmente il popolo congolese veda giorni di pace. Il popolo congolese è accogliente, cordiale, rispettoso. Ha bisogno di aiuti per uscire dall'emergenza: la guerra genera miseria. Ha soprattutto bisogno di giustizia, che si ponga fine allo sfruttamento illegale delle ricchezze naturali del Paese, che vede coinvolti non pochi Paesi della Regione, del Nord del mondo e anche capi locali".
Lucia Pulici aveva invece lasciato le sue impressioni non appena arrivata in Burundi, dopo anni passati in Brasile e in Congo. "Si percepisce immediatamente che hanno tutti grande carenza d'affetto. Le ragazze vogliono essere abbracciate, stringere la mano. Cercano un contatto, come a segnalarci: 'Anch'io ci sono, sono qui' -scriveva nel settembre del 2008 -. Colpisce vedere anche uomini apparentemente forti e baldanzosi che sono segnati dalla fragilità mentale. A volte li troviamo sdraiati, anche per l'effetto delle medicine. Sono quelli che avviciniamo per primi, per rialzarli e dire loro una parola d'affetto. Se ci vedono arrivare e si rendono conto di essere a torso nudo, si scusano, corrono a mettersi la camicia, con un senso di dignità e di rispetto che tocca il cuore. Difficile sapere perché sono lì, data la loro condizione. Molti sono militari. Si dice che sono ridotti così a causa delle atrocità di cui sono stati testimoni e, chissà, forse qualcuno anche attore".
E poi concludeva: "Per me la missione ha preso ora un nuovo volto. Non ho più le energie per fare tutto ciò che prima facevo, in un'attività che mi appassionava tanto. Non sono più tra il popolo con cui ho vissuto ventitre anni e anche la lingua che mi era familiare non è più la stessa. In questo contesto, nuovo benché a pochi passi dal confine con il Congo, vivo una presenza di prossimità con la gente e con la comunità cristiana. Missione per me ora è anche accettare la mia debolezza e fragilità; imparo ad abbandonarmi giorno per giorno al mio Signore, con gli occhi fissi su Gesù crocifisso. È un cammino e un nuovo dono da accogliere".
"La Provvidenza mi ha fatto dono di incontrarmi con diversi popoli e culture, di vedere panorami stupendi", scriveva invece la terza vittima, suor Bernardetta Boggian. "Ho conosciuto persone meravigliose; cristiani e credenti di altre religioni: volti che sfilano davanti a me come una sequenza, facendomi rivivere lo stupore di avere incontrato i semi del Vangelo già presenti. L'Africa che ho incontrato ha rafforzato in me la fiducia in Dio; mi ha colpita l'accoglienza cordiale, la gioia di condividere con l'ospite il poco che c'è, la gioia dell'incontro, senza calcoli di tempo. Da qualche anno mi trovo in Burundi a Kamenge, una zona periferica molto popolata della città di Bujumbura. Sono contenta di appartenere a questa comunità cristiana che è attenta e si fa vicina ai poveri. E bello vedere al sabato e alla domenica le mamme delle comunità di base che si avviano con i loro cesti sulla testa verso la prigione per visitare i prigionieri e portare loro un po' di cibo".
"La Messa di domenica sera - scriveva la religosa sul sito delle saveriane missionarie di Maria - è frequentata particolarmente da papà e giovani, che hanno avuto l'opportunità di una giornata di lavoro, a volte mal pagato. Arrivano con i volti cotti dal sole e le mani callose e corrose dal cemento. Osservo i loro volti che emanano la serenità di chi sa che Gesù è in mezzo a loro e cammina accanto a loro.
"L'annuncio di Gesù e dell'amore misericordioso del Padre diventa comprensibile se accompagnato dalla testimonianza di vita. Occorre nutrire in noi uno sguardo di simpatia, rispetto, apprezzamento dei valori delle culture, delle tradizioni dei popoli che incontriamo. Questo atteggiamento, oltre che dare serenità al missionario, aiuta a trovare più facilmente il linguaggio e i gesti opportuni per comunicare il Vangelo. La prima sfida che ci interpella mi sembra sia la difesa di popoli umiliati, calpestati nei loro diritti, la denuncia dello sfruttamento dei beni di questi Paesi. È pure pressante il problema dell'alfabetizzazione, via maestra per la lotta contro la povertà. L'Africa ha bisogno di giustizia, di maggior equità e di buongoverno.
"Nonostante la situazione complessa e conflittuale dei Paesi dei Grandi Laghi, mi sembra di percepire la presenza di un Regno d'amore che si va costruendo, che cresce come un granello di senape, di un Gesù presente donato per tutti. A questo punto del mio cammino continuo il mio servizio ai fratelli africani, cercando di vivere con amore, semplicità e gioia".