Non si sblocca l'iter di estradizione per il produttore Tv in carcere negli Usa da 20 anni: "Se il governo italiano non sollecita - dice lo zio - gli americani non si faranno prendere dalla fretta"
"A Natale sembrava cosa fatta, ma sono passati sei mesi e ancora nulla è successo. Psicologicamente è stremato e in attesa ogni giorno che si sblocchi l'iter". E' un nuovo appello al governo italiano quello lanciato da Gianni Forti, zio del produttore televisivo che da oltre 20 anni è detenuto negli Stati Uniti, condannato all'ergastolo per un omicidio al quale si è sempre dichiarato estraneo.
"L'ultima mail di Chico Forti è della settimana scorsa: si trova ancora in un carcere statale della Florida. Per l'estradizione in Italia deve essere prima trasferito in una prigione federale dal Dipartimento di giustizia americano" - spiega lo zio, che poi continua: "Se il governo italiano non sollecita gli americani, loro di certo non si fanno prendere dalla fretta".
"La Farnesina - dice - ha fatto il suo lavoro, ora deve farlo il ministero della Giustizia. Se la prima lettera alle autorità americane non ha avuto risposta, spero che la ministra Cartabia ne invii un'altra. Ormai le mail di Chico arrivano a singhiozzo. Nell'ultima, a parte cose personali, ha scritto che ha piena fiducia che le istituzioni italiane accorceranno il più possibile la sua attesa. Ma si capisce che è una situazione atroce".
Al centro dei ritardi, ci sarebbe una questione burocratica: i documenti, che il dipartimento della giustizia degli Stati Uniti avrebbe dovuto mandare al ministero della Giustizia per accordarsi sulla commutazione della pena e relativo trasferimento, non sarebbero mai arrivati in Italia. "Senza questi documenti Chico non può rientrare - sottolinea Gianni Forti - Dall'annuncio del ministro Di Maio sembrava che sarebbero passate poche settimane, lo aspettavamo il 14 febbraio per il compleanno della mamma che ha compiuto 93 anni, poi a Pasqua, infine a maggio. Invece, ancora niente. Siamo fermi al palo".