Bloccato il basket in tv dopo il tweet a sostegno di Hong Kong da parte del manager degli Houston Rockets. Sparito l'episodio del cartone che ironizza sulla censura nella Repubblica Popolare. La casa di gioielli costretta a rimuovere una campagna pubblicitaria perché accusata di rimarcare le violenze delle forze dell'ordine.
La guerra commerciale in atto tra Stati Uniti e Cina si combatte anche sul fronte mediatico. A scatenare l'ira della Repubblica Popolare è stato un tweet del general manager del team Nba degli Houston Rockets, Daryl Morey: "Combatti per la libertà, parteggia per Hong Kong". A nulla sono servite le scuse della federazione americana di basket. La Cctv, televisione di Stato cinese, ha annunciato la sospensione della trasmissione delle partite di Nba: "Qualsiasi affermazione che metta in discussione la sovranità nazionale e la stabilità sociale non rientra nell'ambito della libertà di espressione", ha dichiarato in un comunicato. Presa di posizione anche per il governo di Pechino, che ha condannato e definito "sbagliato" l'intervento di Morey. Oscurato inoltre l'episodio "Band in China" del cartone animato South Park: la puntata, sparita dai canali mediatici del Paese, critica la sottomissione di Hollywood agli standard dei censori cinesi. Il marchio di gioielli Tiffany & Co è stato costretto a rimuovere una campagna pubblicitaria dopo che alcuni utenti di Weibo, social network mandarino, hanno protestato per il rimando alle violenze delle forze dell'ordine sui manifestanti di Hong Kong.
"L'Nba si è tirata indietro alla ricerca dei soldi cinesi" - Il tweet del numero uno di Houston ha scatenato in pochissime ore una bufera in territorio cinese: prima ancora che la frase venisse cancellata dal social, due società asiatiche avevano già interrotto i contratti di sponsorizzazione con la lega. L'Nba, preoccupata dalla situazione, si è dissociata dalle opinioni di Morey definendole "deplorevoli in quanto hanno offeso profondamente molti nostri amici e fan". Questa presa di posizione ha causato forti critiche da parte della politica americana: il senatore del Texas Ted Cruz parla di "passo indietro alla ricerca dei soldi cinesi", mentre il deputato del New Jersey Tom Malinowski accusa la Cina di "utilizzare il suo potere economico per censurare il dialogo in America" e punta il dito contro la lega, colpevole di "utilizzare due pesi e due misure quando si tratta della politica interna o di quella estera". In passato, il commissario Nba Adam Silver, dopo alcune pesanti critiche mosse al Presidente Trump, aveva incoraggiato giocatori e allenatori ad affrontare anche temi politici. Nel frattempo, anche i Brooklyn Nets avvertono l'onda d'urto della bufera causata dal tweet di Morey: a poche ore da un evento Nba Cares previsto a Shanghai, il governo cinese ha cancellato lo spettacolo senza dare spiegazioni alla società americana.
"Come l'Nba, diamo il benvenuto ai censori cinesi nei nostri cuori" - Le polemiche tra Usa e Cina non si fermano al mondo dello sport e arrivano a colpire anche Matt Stone e Trey Parker, creatori del cartone animato a sfondo satirico South Park. L'episodio "Band in China" è infatti stato rimosso dal palinsesto televisivo cinese. Qualsiasi riferimento - discussioni online, streaming, commenti sui social - è inoltre stato cancellato dalla rete. Nella puntata, oltre alla comparsa di Winnie The Pooh (personaggio vietato in Cina dopo i paragoni con il leader Xi Jinping), vediamo un produttore di Hollywood alle prese con le difficoltà di realizzare un film che si adatti agli standard imposti dalla censura cinese. La risposta dei padri di South Park, condita da una forte ironia, non si è fatta attendere: "Come l'Nba, diamo il benvenuto ai censori cinesi nelle nostre case e nei nostri cuori. Anche noi amiamo i soldi più della libertà e della democrazia. Lunga vita al grande Partito Comunista Cinese!".
Una mano di troppo - Nell'ultima campagna pubblicitaria del marchio Tiffany & Co troviamo una modella che copre il suo occhio destro con la mano sulla quale è indossato un anello. Lo scatto, apparso su Twitter, è stato sufficiente ad accusare il brand di simpatizzare per i manifestanti di Hong Kong, ricordando il caso della dimostrante simbolo della violenza della polizia sulla ex colonia. A nulla è servita la spiegazione della griffe, secondo cui l'immagine sarebbe "priva di connotazioni politiche, anzi scattata a maggio prima dell'inizio delle proteste": la fotografia alla fine è stata eliminata dai social network e la campagna pubblicitaria bloccata nel Paese asiatico.