"riportammo la calma"

Cina, piazza Tiananmen: "La repressione fu la scelta corretta"

Lo ha detto il ministro della Difesa cinese, generale Wei Fenghe, aggiungendo: "Si trattò di una turbolenza politica"

02 Giu 2019 - 09:17
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La repressione delle proteste degli studenti pro-democrazia del 1989 di piazza Tiananmen fu la giusta decisione". Lo ha detto il ministro della Difesa cinese, generale Wei Fenghe, aggiungendo: "Si trattò di una turbolenza politica e il governo centrale prese le misure decisive e i militari presero le misure per fermarla e calmare il tumulto. Questa è la strada giusta. E' la ragione della stabilità del Paese che è stata mantenuta".

Piazza Tiananmen: la strage che la Cina giudica "corretta"

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Wei, nel suo intervento, si è chiesto perché si continui a dire che la Cina "non gestì l'incidente nel modo più appropriato. I 30 anni hanno provato che la Cina ha attraversato importanti cambiamenti", in merito alla impetuosa crescita e trasformazione del Paese. Tutto questo è stato possibile perché l'azione del governo "ha potuto beneficiare di stabilità e sviluppo", ha aggiunto il ministro delle Difesa. Pechino fu l'epicentro delle manifestazioni di massa degli studenti che furono stroncate nel sangue quando nella notte tra il 3 e il 4 giugno i militari fecero irruzione in piazza Tiananmen.

A 30 anni di distanza, resta ancora difficile la ricostruzione dei fatti, le responsabilità politiche e capire il numero di morti che il governo cinese ferma a 319, nel fondato sospetto che siano stati molti di più, se non diverse migliaia. "Bisogna uccidere coloro che debbono essere uccisi, condannare coloro che debbono essere condannati", disse, secondo le trascrizioni di allora, appena pubblicate, il vicepresidente Wang Zhen nella sala di una palazzina in stile imperiale di Zhongnanhai, a poche decine di metri da Piazza Tienanmen. La strage era già stata compiuta e i dirigenti del Partito stavano discutendo la linea da tenere. Tutto fu deciso dietro le mura color rosso vermiglio che chiudono alla vista Zhongnanhai, il quartier generale del potere comunista, un tempo giardino imperiale accanto alla Città Proibita.

Deng Xiaoping era lì con i suoi compagni dirigenti quando a metà aprile del 1989 i primi gruppi di cittadini cominciarono ad affluire in Piazza Tienanmen per accumulare sotto il Monumento per gli eroi del popolo fiori e poesie in memoria di Hu Yaobang, l’ex segretario del Partito estromesso per liberalismo e morto per un attacco di cuore il 15 aprile.

"I fatti hanno provato che la confusione e i tumulti di queste settimane, sviluppatisi in disordini controrivoluzionari, sono stati dovuti al collegamento tra forze interne e straniere, sono stati il frutto del rifiorire della borghesia che aveva come obiettivo il rovesciamento della nostra Repubblica popolare cinese e l’instaurazione di un regime anticomunista, antisocialista e vassallo di potenze occidentali", si legge ancora in quei resoconti originali. Il milione di studenti e cittadini che erano stati in Piazza Tienanmen per cinquanta giorni furono bollati da Peng Zhen, ex presidente del Comitato centrale del Congresso del Popolo come "piccolo gruppo di persone che collaborando con forze straniere ostili volevano abbattere le pietre angolari del nostro Paese".

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