Negli Stati uniti, sempre più persone avanti con l'età, costrette a restare a casa in totale solitudine a causa del Coronavirus, scelgono la compagnia degli animali automatizzati
Tom Stevens, co-fondatore e CEO di Tombot, l'azienda che ha prodotto il cane robot Jennie © sito ufficiale
Scodinzola, dorme e risponde ai comandi vocali. Sembra un cane, ma non lo è. Si chiama Jennie, è un robot, o animale domestico automatizzato, apparso per la prima volta diversi anni fa nelle case di cura e nelle residenze per anziani americani, specialmente affetti da Alzheimer. Oggi, a causa dell’isolamento dovuto al Coronavirus, non solo nelle RSA, ma anche tra gli anziani che vivono da soli, si registra un incremento delle vendite e dell’interesse per il prodotto.
La nascita dell’animale robot – Jennie è un prodotto della Tombot, una delle aziende che lavorano sui robot sociali, progettati per rispondere alle esigenze degli anziani. La Tombot non è l’unica ad occuparsene: già nel 2009 in Giappone un’azienda ha iniziato a distribuire un cucciolo di foca robotica chiamato PARO e nel 2015 l’azienda Hasbro ha iniziato a commercializzare gatti robot.
Lo scopo è lo stesso: ispirati dai problemi che gli anziani affetti da malattie mentali incontrano tutti i giorni (nel 2011 è stato diagnosticato alla madre del CEO di Tombot, Tom Stevens, l’Alzheimer), le aziende hanno voluto realizzare un robot che potesse sostituire i benefici che regala un animale da compagnia. Prendersi cura quindi di un compagno in modo pratico e sicuro, senza doversi preoccupare delle esigenze che possono nascere se quest’ultimo fosse effettivamente vivo.
L’incremento delle vendite dopo il Covid - L’isolamento, per alcune categorie fragili, ha provocato effetti negativi sulla salute, soprattutto a livello psicologico, ad esempio negando a molti anziani lo stimolo e il piacere derivanti dalle visite personali di amici e parenti, dagli eventi culturali, dal volontariato, dalle quotidiane uscite e momenti di incontro, come la spesa. Sono poi gli stessi soggetti che talvolta, colpiti da demenza o altre malattie mentali, non sono avvezzi alla comunicazione online e quindi destinati all’isolamento totale che in molti casi risulta esser una vera e propria condanna.
“Il Covid ha creato un mondo bizzarro in cui nessuno può abbracciare nessuno” ha affermato al New York Times Laurie Orlov, analista e fondatrice della newsletter Aging and Health Tchnology Watch. “L’idea di un animale domestico che puoi tenere in braccio – prosegue Orlov – trascende in qualche modo questo”.
Benefici tra gli anziani nelle case di cura – Alcuni ricercatori hanno preso in esame alcune strutture del Texas e del Kansas dove si sono registrati benefici derivanti dall’interazione con l’animale domestico robotico. Lo studio basato su 61 pazienti con un’età media di 83 anni, ha riportato in particolare una diminuzione di stress e ansia, con conseguente riduzione del bisogno di farmaci psicoattivi e antidolorifici.
Il conforto della pet therapy per gli anziani soli - Più di recente i ricercatori hanno spostato la loro attenzione sui soggetti che vivono da soli. Secondo uno studio sottoscritto da United HealthCare e AARP, è stato distribuito il robot Joy for All (prezzo di mercato pari a 120 dollari) a 271 anziani che vivono nelle loro case.
Dopo circa due mesi, secondo quanto riporta lo studio, si è registrato un miglioramento nel loro benessere mentale e una riduzione della solitudine, nonostante non fossero in compagnia di nessun’altra creatura vivente. I positivi risultati hanno indotto una distribuzione capillare in vari stati americani. Ageless Innovation ha affermato che una dozzina di stati hanno effettuato ordini per un totale di 6000 dispositivi, 1100 solo nello Stato di New York.
Le critiche – Se da un lato certi studi confermano i benefici di questa tecnologia per anziani, dall’altro c’è chi sostiene che l’interazione con un robot sia nociva per un soggetto fragile anche psicologicamente, indotto a instaurare una relazione fittizia con un “animale” incapace di restituire reale affetto. Il rischio, nello specifico, è che i robot da compagnia vengano usati non per integrare le interazioni con i propri cari e coloro che si prendono cura di loro, ma per sostituirli definitivamente.