La testimonianza a Tgcom24

Coronavirus, un italiano in Messico a Tgcom24: "Siamo nella fase della 'nuova normalità', ma le vittime aumentano"

"Si erano lanciati messaggi di vittoria sul Covid-19: la disinformazione complica la realtà", testimonia il siciliano Carmelo Cattafi, docente di Scienza Politica al Tecnológico di Monterrey

19 Lug 2020 - 08:00
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Ora che il numero delle vittime in Messico ha superato quelle italiane, "rivivere adesso qui, con la stessa impotenza, quanto già accaduto nel nostro Paese, fa male. Nei momenti di crisi si sente di più la nostalgia di casa, ma sappiamo che presto passerà, e questa speranza ci aiuta a stare meglio anche a migliaia di chilometri di distanza". E' una prova di resistenza quella del siciliano Carmelo Cattafi, 46 anni,  docente presso il dipartimento di Scienza Politica e Relazioni Internazionali del Tecnológico di Monterrey, in Messico. "Siamo nella fase della 'nuova normalità', - racconta a Tgcom24, - ma le vittime aumentano. Si erano lanciati messaggi di vittoria sul Covid-19, ma sembra di essere tornati al rischio massimo. E la disinformazione complica la situazione", continua.

E com'è, dunque, la realtà in Messico?
"Da settimane ci pronosticano che stia arrivando il picco di contagi, ma sembra che lo stiamo ancora inseguendo. Questo dipende pure dai dati di riferimento: ci sono varie metodologie, quindi la comparazione è difficile da interpretare. In questa fase che si è definita della “nuova normalitá” il numero dei morti è in aumento, mentre in alcuni comuni si riducono i contagi. Come in altri luoghi, qui la disinformazione ha contribuito a complicare il rapporto di credibilità verso i dati ufficiali. Un grosso lavoro è stato realizzato dalle strutture private e dalle università".

In che modo?
"L’ospedale del Tecnologico de Monterrey, l’università dove lavoro, già da tre mesi ha creato nuovi spazi e li ha messi a disposizione, accelerando l’adeguamento dei reparti, prima che si raggiungessero livelli critici di assistenza. C’è stato un importante accordo tra ospedali privati e governo che ha permesso che alcuni nosocomi si dedicassero solo a casi di Covid-19. Nello Stato di Nuevo León, dove risiedo e che rappresenta la terza entità per Pil, i test diagnostici sono stati 10 volte di più rispetto a tutto il Paese. Questo anche grazie al Drive-thru: chi ha sintomi viene testato direttamente sulla propria auto. Si è anche attivato un meccanismo di semafori: con il rosso sono permesse solo le attività essenziali. Al diminuire dei casi di contagi, il semaforo passa a arancione, giallo e verde, con diminuzione delle restrizioni".

Quali altre misure sono in corso?
"Non si sono implementate le misure di isolamento da una regione all’altra né la chiusura dello spazio aereo. Abbiamo assistito a lievi chiusure della frontiera con gli Stati Uniti per viaggi terrestri non essenziali. Le scuole sono state chiuse da metà marzo e molte attività economiche si sono riconvertite o hanno continuato più o meno clandestinamente con il rischio di multe e chiusura dei locali. Nella prima fase comunque si é lasciato molto nelle mani della coscienza della popolazione, senza forzare troppo la mano con eventuali limitazioni della libertà di circolazione. Usciamo con la mascherina, nei supermercati misurano la febbre e forniscono gel disinfettante e non permettono l’ingresso ai bambini. C'è chi si muove con le dovute precauzioni e chi parallelamente continua a organizzare feste e incontri come se nulla fosse".

Che informazioni riceve la popolazione?
"Alla conferenza mattutina di informazioni generali è stata aggiunta una conferenza pomeridiana sulla situazione specifica della pandemia, condotta dal sottosegretario del ministero della Salute. Nello Stato di Nuevo León si è affiancata una ulteriore conferenza pomeridiana condotta dall’assessore regionale alla Salute sulla condizione giornaliera nella regione. Quindi siamo informati anche se, solo adesso che sono aumentati i casi e che quasi tutte le famiglie hanno visto almeno un contagiato da vicino, si sta dando la giusta importanza al problema. A metà luglio abbiamo raggiunto più di 37mila morti, anche se l’occupazione dei posti letto in ospedale è ancora sotto controllo nella maggior parte degli Stati".

Che fase è stata toccata?
"In questa settimana siamo rientrati nella fase di rischio massimo, dopo che si erano lanciati messaggi di vittoria contro il virus Sars-CoV-2. Con le nuove misure, con le quali si invita a non uscire di notte e a rimanere in casa il fine settimana, iniziano a diminuire i contagi. Ma anche qui ci scontriamo con il problema legato a quali dati stiamo utilizzando. Per esempio, nello Stato di Nuevo León, secondo le cifre ufficiali, ci sono 11mila casi, ma se guardiamo ai dati regionali ci accorgiamo che i casi sono piú di 22mil,a perché le cifre regionali includono anche i test effettuati nei laboratori e negli ospedali privati. I dati sono oggetto di una polemica accesa tra i rappresentanti del governo a livello regionale e a livello nazionale e la differenza tra i colori politici al governo accentua i contrasti nella cooperazione anche in casi delicati come questo. E non parliamo delle speculazioni e delle acquisizioni urgenti nell’assoluta opacità".

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Come ha organizzato le sue giornate?
"Forunatamente svolgo una professione che mi ha permesso di mantenere il mio stipendio anche se la mole di lavoro è aumentata per aver dovuto adattare i corsi al nuovo modello flessibile virtuale. Ho due figli in età scolare: uno dei due aveva lezioni online che coincidevano con le mie, quindi abbiamo adattato spazi di casa per evitare interruzioni. Qui il 28 febbraio 2020 si è presentato il primo caso, mentre il primo decesso è avvenuto il 19 marzo con il panico che ha cominciato a propagarsi. Il 21 di aprile si é avviata la fase di massimo contagio. In questo periodo sono uscito solo per fare la spesa e urgenze. I bambini hanno iniziato a non aver voglia di uscire e le lezioni a distanza non sono state prese con entusiasmo, neppure quelle di sport o danza. Ogni giorno si cercava di dedicare un po’ di spazio alla musica, alla creatività, al giardinaggio, a stare un po’ in terrazza, a trascorrere più tempo insieme, riscoprendo le piccole cose e sperimentando ricette. A me piace fare ricerca e scrivere quando in casa dormono tutti, ma questo periodo ha significato un po’ più di stress e un rendimento minore, ma abbiamo imparato a essere un po’ più tolleranti in famiglia".

Ansia e preoccupazione la accompagnano?
"Certo che la preoccupazione è cresciuta esponenzialmente, soprattutto perché la mia ansia è cominciata ricevendo notizie da Wuhan: da morti non ci serve piú il passaporto né la nazionalità, siamo tutti uguali e a volte ce ne rendiamo conto quando è troppo tardi. Ero a Roma per lavoro a gennaio e si percepiva un certo risentimento verso i cinesi come causa del problema, risentimento che poi all'estero si è riversato anche sugli italiani. Assistere a quanto successo in Italia è straziante, e riviverlo adesso qui con la stessa impotenza fa male. Rientrando in Messico cominciavo a sentire dell’aumento dei decessi e vedere come ogni storia di vita si convertiva in un numero insignificante di una statistica quotidiana che ti ossessiona. Mi faceva pensare a quanto abbiamo bisogno degli altri. Mi preoccupa vedere come la gente muore senza poter salutare i propri famigliari ma soprattutto come muore la gente senza avere nessuno da salutare. C’è molta preoccupazione per come negli ospedali si lotta mettendo a rischio la propria salute e di chi ti sta accanto senza sapere se sarà sufficiente per salvare una vita. Ci si sente all’improvviso vulnerabili e scatta la preoccupazione legata all’essenza della vita stessa. Certo che in questo momento se avessi potuto scegliere dove stare, avrei scelto sicuramente l’Italia, per passare piú tempo con i miei e dar loro la possibilità di vivere con i nipotini. Adesso ci sentiamo più spesso attraverso le videochiamate".

Come è stata a suo avviso affrontata la pandemia in Messico?
"Credo che abbia creato molte divisioni. Tante persone si sono presentate come esperti, diffondendo informazioni plausibili ma scientificamente non confermate, quindi si é messa in discussione anche la parola dei più preparati sul tema. Qui si è notata una differenza enorme tra le disposizioni che provenivano dal livello federale della nazione e quelle che si instauravano a livello regionale. In Nuevo León si sono prese delle misure un po’ più rigide rispetto al resto del Paese. All’inizio si discuteva sull’uso della mascherina e solo adesso il presidente della Repubblica sta dando l’esempio indossandola. Il messaggio sulla “sana distanza” fin dall’inizio veniva lanciato con certa contraddizione, non c’era una coordinazione tra il discorso presidenziale e il discorso del ministero della Salute. Certe frasi fuori dal copione hanno poi dato spazio alla confusione. Alla fine fortunatamente si è lasciato che il tema della salute fosse trattato dagli esperti del ministero della Salute. Credo che il comportamento apparentemente contraddittorio fosse dovuto al timore di causare danni all’economia, anche se alla fine i danni sono arrivati lo stesso, pur se con qualche settimana di ritardo. Non so se tirando le somme, anche se ancora è presto per farlo, ci sia un modello da seguire. Sinceramente avrei preferito vedere un po’ piú di coordinazione tra i tre livelli di governo e un appoggio più significativo verso le attività commerciali, soprattutto verso le aziende più piccole. Grazie comunque a persone responsabili la situazione è allarmante, non catastrofica".

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Che previsioni economiche e sociali si possono fare?
"L’ Organizzazione Panamericana della Salute ha previsto che il picco dei contagi in Messico si raggiungerà a metà agosto. Credo bisogna considerare che gli effetti sull’economia saranno molto diversi da regione a regione. Ricordiamo che il Messico è fra i 10 Paesi piú popolati del mondo con quasi 130 milioni di abitanti e tra l’altro alcune aree contano sulle rimesse degli emigranti negli Stati Uniti. La Commissione Economica per l'America Latina e i Caraibi prevede per il Messico un crollo del 9% dovuto al virus; io sono un po' piú ottimista: anche se sicuramente sarà dura: il Messico ha le risorse naturali e il capitale umano necessari per risollevarsi, anche se è necessario pensare in un maggior sforzo da parte del governo. Circa gli effetti sociali, da una parte si sono create molte piú divisioni tra chi appoggia il governo attuale e chi si schiera contro e si assiste a più aggressività sui social network. Sono aumentati i casi di violenza in famiglia e quasi sicuramente aumenteranno le disuguaglianze sociali e i problemi di salute legati a perdita del lavoro, riduzione dei profitti o difficoltà di adattarsi a nuovi ruoli nel lavoro da casa. Dall’altra parte possiamo assistere a una rivalorizzazione dei rapporti umani; all’acquisizione di nuove competenze non solo relative all’uso della tecnologia ma anche legate alla creatività e al controllo delle emozioni; a un’offerta di conferenze online che ci fanno sentire piú vicini alle istituzioni nazionali e internazionali e finalmente a un maggior senso di solidarietà".

Pensa di poter rientrare presto in Italia?
"Avevo previsto di passare qualche settimana in Italia prima di partecipare al Congresso IPSA dove coordino un comitato di ricerca, che si sarebbe svolto a fine luglio in Portogallo e avevo in programma un corso di studi estivo in Belgio alla KU Leuven. Le circostanze non lo hanno permesso, quindi spero di passare un po’ di tempo in Italia nel 2021. Ho un’attività programmata a Roma a gennaio, speriamo bene. Comunque sicuramente la cosa piú importante sarà poter partecipare le nozze d’oro dei miei genitori. La prima cosa che comunque vorrei fare? Vedere un’alba e un tramonto dal mare di Milazzo, la città dove sono nato".

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