manipolazione o rassicurazione dei mercati

Donald Trump, le scelte del presidente sui dazi e quel tweet sul "momento perfetto per comprare": chi ci ha guadagnato?

I democratici promettono battaglia con il senatore della California Adam Schiff che ha chiesto un'indagine per accertare se l'inquilino della Casa Bianca non abbia alterato le Borse per effettuare operazioni a proprio vantaggio. Dallo Studio Ovale la replica: "E' responsabilità del presidente rassicurare i mercati"

11 Apr 2025 - 15:21

Si allunga l'ombra dell'insider trading su Donald Trump per il post su Truth in cui assicurava che era il momento di comprare, poche ore prima di sospendere i dazi reciproci. I dem sono partiti all'attacco chiedendo un'indagine, con il senatore della California Adam Schiff che ha chiesto un'indagine per accertare se l'inquilino della Casa Bianca non abbia effettuato un'operazione di insider trading, mentre i media americani ricostruiscono i retroscena dell'improvviso dietrofront del tycoon. La Casa Bianca ha comunque respinto ogni sospetto affermando, attraverso la voce del portavoce Kush Desai, che "è responsabilità del presidente rassicurare i mercati e gli americani sulla loro sicurezza economica di fronte all’allarmismo incessante dei media".

La frase sospetta su Truth

 I sospetti di insider trading nascono da una frase scritta a caratteri cubitali sulla sua piattaforma Truth mercoledì mattina: "Questo è un grande momento per comprare!!! Djt". Meno di quattro ore dopo l'annuncio - sempre su Truth - della tregua sui dazi, che ha fatto volare Wall Street e incassare somme favolose a tutti coloro che nel frattempo avevano acquistato titoli a prezzi stracciati. Ci ha guadagnato anche il tycoon, con la sua Trump Media and Technology Group che controlla Truth e la cui quota di maggioranza del 53% è in trust controllato dal figlio maggiore Don Jr: +22,67%, ossia 415 milioni tondi tondi.

Chi ne ha approfittato?

 L'interrogativo è: il presidente ne ha approfittato, insieme al suo entourage? Ad aumentare i sospetti, oltre alla firma sul post (Djt sono le iniziali del presidente, ma anche il simbolo della sua società mediatica in Borsa), il fatto che lo stesso tycoon abbia ammesso che ci stava pensando da alcuni giorni.

I parlamentari dem all'attacco

 I dem sono passati all'attacco. "Le monete dei meme di famiglia e tutto il resto non sono al di fuori dell'insider trading o dell'arricchimento personale", ha denunciato il senatore Adam Schiff. "Chi nell'amministrazione era a conoscenza in anticipo dell'ultimo dietrofront tariffario di Trump? Qualcuno ha comprato o venduto azioni, traendo profitto a spese del pubblico?", ha incalzato, chiedendo un'indagine insieme a Elizabeth Warren. "Sta montando uno scandalo di insider trading", gli ha fatto eco il collega Chris Murphy, mentre la deputata Alexandria Ocasio-Cortez ha chiesto che tutti i membri del Congresso svelino le azioni comprate nelle ultime 24 ore.
Gli avvocati etici condividono le preoccupazioni dei dem, sottolineando anche altri conflitti d'interesse del tycoon.

I guadagni in Borsa dopo la sospensione repentina sui dazi di mercoledì

 Come scrive il Corriere della Sera, chi ha accolto il suggerimento mattutino di The Donald è riuscito a cavalcare un rimbalzo da record di Wall Street. I trader che subito dopo il post su Truth hanno scommesso su un rialzo a fine giornata dell'S&P 500 tramite le "zero-day option", derivati a basso costo, hanno per esempio portato a casa guadagni fino al 2.100%. Hanno cioè trasformato 100 dollari in 2.100 dollari nel giro di poche ore. Ancor più ricco l'incasso per chi ha puntato sul rialzo di singole azioni. Sull'onda dell'entusiasmo per la pausa nei dazi, infatti, mercoledì Tesla ha guadagnato il 22,7%, Nvidia il 18,7%, Apple il 15%, Nike l'11,2%, United Airlines il 25,8%. Persino le azioni di Trump Media & Technology Group, la famosa Djt, hanno guadagnato il 21%, facendo salire di circa 250 milioni il valore della quota del 53% della famiglia Trump nella società.

Come sarebbe maturata la tregua sui dazi

 Intanto, i media Usa rivelano come è maturata la tregua sui dazi, che la Casa Bianca tenta di vendere come mossa studiata di un grande piano, frutto dell' "art of the deal" di Trump. Per una settimana il presidente ha fatto il "game of chicken", il gioco del pollo, quando due persone guidano l'una verso l'altra e il primo a sterzare (o "tirarsi indietro") è considerato il perdente. Alla fine a sterzare è stato il tycoon, sottoposto a una crescente pressione. Prima quella dei ceo di Wall Street e Big Tech, tra cui il suo first buddy Elon Musk e molti suoi grandi donatori. Poi quella di numerosi parlamentari del suo partito, pronti anche a firmare una legge per dare al Congresso il potere sui dazi. Quindi il persistere del crollo di Wall Street tra le "paure", il "nervosismo" degli investitori e le fosche previsioni di recessione degli addetti ai lavori, che l'hanno indotto a correggere il tiro aprendo ai negoziati, a partire da Giappone e Corea del Sud.

Ma il fattore cruciale che l'avrebbe convinto a cedere è stato l'allarme sul mercato dei bond Usa, che rischiava di minare la fiducia degli investitori internazionali e quindi il debito pubblico americano. Il vero regista della svolta è stato quello che Wall Street considera il più credibile dei luogotenenti di Trump: il segretario al Tesoro Scott Bessent, che nel weekend a Mar-a-Lago lo ha convinto a sospendere i dazi per 90 giorni e trattare con i partner mantenendo la pressione sulla Cina. Ora sarà lui a guidare i negoziati, oscurando la stella del consigliere Peter Navarro, l'architetto dei dazi detestato da Wall Street, criticato dai repubblicani e ritenuto un "cretino" da Elon Musk. 

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