La sentenza per l'evasione di massa dei vertici della Fratellanza musulmana dal carcere di Wadi el Natroun nel gennaio 2011. Per rappresaglia uccisi tre giudici nel Sinai
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Il deposto presidente egiziano Mohamed Morsi è stato condannato a morte per l'evasione di massa dei vertici della Fratellanza musulmana dal carcere di Wadi el Natroun nel gennaio 2011. Lo ha deciso il tribunale de Il Cairo. La sentenza è stata inviata al Gran Muftì per un un parere segreto e non vincolante. Morsi ha invece scampato la pena capitale nel processo per spionaggio a favore di Hamas, Hezbollah e Iran.
Tra i condannati nei due processi di cui è protagonista il deposto presidente egiziano ci sono diversi esponenti di spicco della Fratellanza musulmana messa al bando in Egitto. Morsi era già stato condannato in primo grado a 20 anni di reclusione nel processo per la repressione di una manifestazione al suo palazzo presidenziale nel dicembre 2012.
Per il processo sulle evasioni di massa, oltre a Morsi e alla Guida suprema della Fratellanza, Mohamed Badie, spicca anche il nome di Youssef el Karadawi, che però è latitante in Qatar e a capo dell'Unione mondiale degli "ulema" (i dotti musulmani di scienze religiose). Alla sbarra, tra i condannati a morte per "collaborazione" con organizzazioni straniere, oltre al numero due della Fratellanza, Khairat el Shater, spiccano Mohamed el Beltagui (segretario generale del partito "Libertà e giustizia", braccio politico dei Fratelli musulmani) e Ahmed Abdel Atti (capo di gabinetto di Morsi).
L'evasione dal complesso carcerario di Wadi el Natroun (circa cento km a nord del Cairo) avvenne il 28 gennaio 2011, tre giorni dopo l'inizio della rivoluzione che in febbraio spodestò il presidente Hosni Mubarak: l'azione coinvolse 11.151 detenuti, secondo siti egiziani che citano atti dell'inchiesta (il totale degli evasi considerando altri carceri fu fissato a 23.710). Fonti ricordano che il bilancio, almeno quello "ufficiale", fu di un poliziotto ucciso e diversi feriti.
L'altro processo, secondo la definizione data da un avvocato di Morsi, è di "collaborazione" (takhabur) "con organizzazioni straniere per compiere atti di terrorismo in Egitto": in pratica aver tramato con i palestinesi di Hamas e gli Hezbollah, i libanesi legati all'Iran, per compiere attentati per reagire alla sua deposizione. Il processo è distinto da un altro procedimento a carico di Morsi per "spionaggio" (taghassus) in favore del Qatar.
Intanto, nel nord del Sinai, tre giudici egiziani sono stati uccisi a colpi d'arma da fuoco. Fonti della sicurezza hanno sostenuto che l'attacco è stato portato da estremisti islamici legati all'Isis in "risposta alla sentenza" di condanna a morte pronunciata contro Morsi. Le fonti hanno precisato che in azione sono entrati gli ex "Ansar Bait al-Maqdis", il principale gruppo jihadista egiziano da poco ribattezzatosi "Stato del Sinai" nel quadro di un'alleanza-affiliazione con l'Isis annunciata in novembre.