Domenica si andrà al voto per eleggere il nuovo capo di stato. Il rappresentante delle forze di opposizione Kemal Kilicdaroglu sfida il premier uscente più che mai in difficoltà
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Il 14 maggio sarà una data chiave per il futuro della Turchia. Si terranno infatti le elezioni presidenziali e parlamentari, che rinnoveranno la Grande Assemblea Nazionale Turca e soprattutto daranno al paese il nuovo presidente fino al 2028. A sfidarsi saranno l'attuale premier e leader del Partito della Giustizia e dello Sviluppo Recep Tayyip Erdogan, in carica dal 2014 e Kemal Kilicdaroglu, leader del Partito Popolare Repubblicano e a capo della coalizione dell’Alleanza della nazione. Questa coalizione, chiamata anche "Tavola dei Sei" raccoglie al suo interno partiti che vanno dal centrosinistra alla destra nazionalista, oltre al partito filo-curdo HDP, che si presenterà sotto il simbolo della Sinistra Verde (Ysp) per aggirare il rischio di problemi legali. Oltre a loro due vi è anche l'alleanza Ata (estrema destra) guidata da Sinan Ogan. Si è invece ritirato dalla corsa Muharrem Ince, avversario di Erdogan nel 2018.
Due estremi opposti: così potremmo definire i due principali sfidanti per la presidenza. Da un lato Erdogan, che con la riforma costituzionale ha reso il paese una Repubblica presidenziale, riducendo così l'influenza del parlamento, oltre a ottenere ampio controllo su stampa e magistratura. Nonostante il suo carisma e le sue abilità di oratore, l'attuale premier è più che mai in difficoltà e per la prima volta potrebbe perdere le elezioni, anche a causa di una politica economica fallimentare che ha dato vita a un'inflazione spaventosa. Negli ultimi giorni Erdogan ha attuato un serie di misure economiche come il gas gratis per un mese e l'aumento degli stipendi dei lavoratori statali nel tentativo di attirare più voti.
Kilicdaroglu, 74 anni, si presenta come una vera e propria antitesi di Erdogan. Guida il Partito popolare repubblicano (CHP), il principale partito d’opposizione da quasi 15 anni e pur non essendo considerata una figura particolarmente carismatica, si è dimostrato l'unico in grado di tenere unita la Tavola dei Sei. Un altro ostacolo è la sua religione essendo parte della minoranza alevita, perseguitata in Turchia. La sua figura ottenne grande popolarità nel 2017 grazie alla "Marcia per la giustizia”, iniziativa nata come forma di protesta dopo l'arresto del suo vice, Enis Berberoglu. Kilicdaroglu fece una lunga marcia di protesta pacifica da Ankara a Istanbul, in cui attirò migliaia di persone ai suoi comizi. Da quel momento prese il soprannome di Ghandi, anche a causa di una certa somiglianza fisica e nell'atteggiamento. Nell'ultimo periodo sono inoltre diventate famosi i suoi video pubblicati su Facebook, dove si vede la sua casa spartana, in netto contrasto con il lussuoso palazzo costruito da Erdogan nel corso dei suoi mandati.
Al contrario di Erdogan punta molto sul coinvolgimento delle minoranze, come quella LGBT (recentemente attaccata dall'attuale premier) e soprattutto quella curda. Kilicdaroglu ha infatti più volte affermato di voler cercare il dialogo con il popolo curdo a differenza di Erdogan. Per farlo il programma dell'alleanza prevede il ripristino del sistema parlamentare a cui farebbe seguito la tutela delle libertà civili e politiche e la fine del controllo governativo su media e magistratura. Al momento il leader dell'opposizione è dato in leggero vantaggio sul presidente uscente, ma la situazione resta molto in bilico, a partire dalla regolarità delle elezioni, che appare tutt'altro che certa.
Le elezioni sono viste con molto interesse da parte di tutto il mondo, con Europa e Medio Oriente in prima fila. L'atteggiamento piuttosto ambiguo di Erdogan non è mai stato visto con buon occhio dall'Unione Europea (Draghi lo definì dittatore) anche a causa di alcuni mosse autoritarie come l'incarcerazione di giornalisti e membri dell'opposizione. Inoltre il suo atteggiamento piuttosto ambiguo tenuto in diverse situazioni, come la richiesta d'ingresso nella Nato di Svezia e Finlandia, è stato spesso fonte di rabbia da parte di diversi Paesi. Anche per quanto riguarda la guerra in Ucraina Erdogan è sempre stato piuttosto cauto, condannando l'invasione, ma non partecipando mai alle sanzioni contro la Russia. Il Cremlino rappresenta un altro fattore nel voto, con lo stesso Kilicdaroglu che nelle scorse ore ha accusato Mosca di aver interferito nella campagna elettorale.
Il sistema per l’elezione in Turchia è un maggioritario a doppio turno: se al primo nessun candidato ottiene il 50% + 1 dei voti, si tiene un ballottaggio tra i due più votati. Alla fine del secondo turno, risulta eletto il candidato che ha ottenuto più voti.