situazione critica

Fame, torture, sparizioni. Ecco da cosa scappano i profughi del Corno d'Africa

Dei 50mila rifugiati che, arrivati nel nostro Paese, hanno fatto perderele loro tracce, molti provengono da Eritrea, Somalia e Sudan

14 Giu 2015 - 11:25
 © ansa

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L'Alto commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr) ha comunicato che dall'inizio dell'anno circa 54mila profughi sono sbarcato sulle coste italiane. Nel contempo il Viminale ha stimato in 50mila unità il numero di richiedenti asilo politico che, dopo averne avanzato richiesta, hanno fatto sparire le proprie traccie. Nel 2014 le richieste di asilo sono state oltre 64mila, alle quali vanno aggiunte le quasi 21mila del periodo gennaio-maggio. Calcolando poi gli sbarchi delle ultime settimane e le presenze nelle strutture (80mila), all'appello mancano 50mila persone. Tra i richiedenti asilo, la maggior parte proviene dal Corno d'Africa, in particolare da Eritrea (14mila), Somalia (5mila) e Sudan (oltre 2mila). Paesi che vivono in situazioni di emergenza da decenni, tra fame, guerre, violenze, dittature. Vediamo perché gli abitanti di queste nazioni lasciano le proprie terre, spesso affrontando viaggi della speranza dall'esito incerto.

Eritrea
"Violazione flagrante dei diritti umani. La tortura e la schiavitù sono la norma". E' questa la descrizione che un rapporto dell'Onu fornisce dell'ex colonia italiana. Per l'ufficio dell'Alto Commissario dell'United Nations Human Rights (Unhr), "il governo dell'Eritrea è responsabile di violazioni flagranti, sistematiche e generalizzate dei diritti umani che hanno creato un clima di paura nel quale il dissenso è soffocato, una gran parte della popolazione è sottoposta a lavori forzati e al carcere e centinaia di migliaia di profughi sono fuggiti dal Paese".
La dittatura di Isaias Afewerki, eletto nel 1993 dopo l'indipendenza dall'Etiopia, è infatti spietata. Chi sgarra paga un conto salatissimo. Le pene vanno da anni di carcere duro alle torture, passando per la sparizione. Si può incappare in una di queste condanne per le "colpe" più disparate, di natura politica, ideologica o culturale. Spesso ci si tradisce tra vicini, tanto si è sedimentato il clima di terrore voluto dal governo di Asmara.
C'è poi la questione militare. Nessuno sotto i 60 anni può avere un passaporto, perché fino a quella soglia tutti devono assolvere il servizio militare. Gli eritrei vengono chiamati alle armi anche prima dei 18 anni e, spesso, ci rimangono per anni, a tempo indeterminato.
Non va meglio per la libertà di stampa. Secondo i dati di Reporters sans frontières, l'Eritrea in questa speciale classifica si trova in una posizione peggiore persino alla Corea del Nord.

Somalia
Gravi problemi anche in Somalia, da oltre due decenni ai primi posti tra le zone più pericolose del Mondo. Più di vent'anni di guerre interne hanno portato il Paese ad essere considerato uno dei peggiori dove mettere al mondo un figlio, secondo Save the Children.
Nel 1991 cade il regime di Siyaad Barre e si scatena una lotta per il dominio della nazione; a farne le spese è la popolazione, che da allora vive una carestia profonda. Neanche l'intervento diretto degli Stati Uniti nel 1992 serve a cambiare le cose. Dopo la morte di 19 militari americani a Mogadiscio nel 1993, Bill Clinton ritira le truppe.
A peggiorare le cose ci pensano gli Shebab, estremisti islamisti legati ad Al Qaeda che dal 2006 fronteggiano gli uomini del governo. Ora il Paese è smembrato in varie zone.

Sudan
Dal 1821 il Sudan vive con la costante presenza della guerra nei propri confini. Basta questo per farsi un'idea del perché i sudanesi fuggano. Tra lotte religiose, conquiste britanniche, la crisi del Darfur e la divisione dal Sud Sudan, il Paese è dilaniato.
Decenni di guerra civile hanno avuto forti conseguenze sulla popolazione, con oltre 6 milioni di profughi (compreso il Darfur). Più dell'80% dei sudanesi è sotto la soglia di povertà e la capitale Khartoum è sovrappopolata (vi risiede il 20% della popolazione totale dello Stato).

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