Come nel film "la vita è bella" di Roberto Benigni, un padre affronta un momento tragico senza mai perdere il sorriso davanti ai suoi figli. La famiglia italo-ucraina dopo un lungo viaggio è riuscita a mettersi in salvo a Cracovia
Come spiegare a dei bambini che bisogna lasciare la propria casa per sfuggire alle bombe degli invasori, affrontare il freddo gelido e mettersi in cammino per varcare il confine al riparo dalla guerra? Sembrerebbe impossibile ma papà Marco ci è riuscito, come Roberto Benigni nel suo film capolavoro "La vita è bella". Senza mai perdere il sorriso e trasformando un momento drammatico in un gioco per i suoi piccoli, ha raccontato il loro esodo dall'Ucraina passo dopo passo su Facebook.
Marco Gallipoli è un fotografo italiano che si è stabilito a Leopoli, dove ha trovato l'amore e costruito la sua famiglia. Mai avrebbe pensato di diventare un profugo, tra le migliaia di persone costrette a lasciare l'Ucraina a causa della guerra. Ma decide di partire per mettere in salvo i suoi bimbi, Aurora e Flavio, di 7 e 9 anni.
La loro mamma è rimasta nella sua città di origine. "Viene da una famiglia che ha già combattuto per impedire l'invasione sovietica e stavolta di certo non poteva tradire l'insegnamento che le ha lasciato la nonna, alla quale è anche dedicata la via nella quale abitiamo. Non poteva lasciare la sua gente, farà la volontaria, pronta ad aiutare i profughi che arriveranno già nei prossimi giorni. Anche io conto di tornare: porto i bimbi in Italia, poi andremo negli Stati Uniti e alla fine tornerò a Leopoli", spiega Marco.
Il viaggio verso l'Italia - Così Marco, Aurora e Flavio con zaino in spalla iniziano il loro cammino lungo 30 km verso il confine con la Polonia documentando tutto con la telecamera di uno smartphone. "Ci siamo fatti accompagnare da un amico, non ho preso l'auto perché sapevo che ci sarebbe stata parecchia fila alla frontiera. A piedi si passa più velocemente", spiega il papà in uno dei suoi video condivisi su Facebook. "Noi adesso vogliamo andare in Italia, in America, poi però torneremo in Ucraina, quella è casa nostra", dicono i bimbi. Due giorni di viaggio col sorriso nonostante il freddo che arriva a toccare due gradi sotto zero e la paura di non aver scelto la giusta via di fuga. In tanti, sconosciuti, gli tendono una mano: dagli abitanti di un paesino che gli offrono caffè caldo e biscotti fino ai volontari di un dormitorio di fortuna per profughi che gli danno riparo per la notte. Il mattino dopo erano già pronti a ripartire a piedi ma trovano un passaggio per un'ora e mezza di viaggio. "Alla frontiera ci sono persone che caricano in auto le famiglie con i bambini piccoli e noi siamo stati fortunati. La nostra salvezza è merito di tante persone e anche del nostro sorriso. D'altronde siamo romani, la buttiamo sempre in caciara".
"Guardate che bello bambini, guardate quanta gente che ci aspetta" - Papà Marco finalmente al confine con la Polonia continua a scherzare con i suoi bimbi come l'arrivo al traguardo di una lunga maratona. Poi finalmente l'arrivo a Cracovia."Pensavamo che ci sarebbero volute 5 ore, ma ne sono bastate meno di tre. Per tutto il viaggio ho pensato che mi sarei dovuto inventare qualsiasi cosa per rendere questo momento il meno traumatico possibile per i miei bambini", dice papà Marco. I piccoli non hanno avuto la percezione degli orrori della guerra per merito suo: "Nella strada tanta gente ci ha offerto da bere, il caffè, anzi il tè, poi pure i biscotti. È stato bello, adesso siamo in un altro posto". La loro avventura, del resto, si è conclusa al meglio.