Lo ha stabilito un tribunale del lavoro britannico chiamato a intervenire sul licenziamento dell'impiegato di un'associazione benefica a difesa degli animali
"Il veganesimo etico è in tutto e per tutto paragonabile a una religione o a un credo filosofico e i suoi seguaci, pertanto, in base all'Equality Act del 2010, non possono essere discriminati", E' quanto ha stabilito un tribunale del lavoro britannico. Un caso che farà giurisprudenza.
L'attesa per la sentenza era altissima in Gran Bretagna. Da mesi Jordi Casamitijana aveva alzato la voce attraverso i social e non solo per denunciare quello che riteneva un licenziamento ingiusto.
L'uomo era impiegato presso la League Against Cruel Sports, organizzazione benefica a difesa degli animali e contro sport come la caccia alla volpe, alla lepre e al cervo, che lo aveva licenziato per aver avanzato obiezioni sul fatto che il fondo pensioni dell'associazione stava investendo in società coinvolte in test sugli animali.
Un licenziamento, a suo avviso, dettato dal suo credo filosofico nel "veganesimo etico".
I vegani seguono sì una dieta a base di vegetali, ma gli “ethical vegans” provano anche a escludere ogni forma di sfruttamento degli animali, da non utilizzare indumenti di lana, sedersi su sedili in pelle o evitare qualsiasi prodotto testato sugli animali fino a non usare i mezzi pubblici che potrebbero incidentalmente schiacciare o scontrare insetti o uccelli e a disertare meeting in cui si consuma cibo non vegano.
Gli avvocati di Casamitjana erano convinti che il veganismo etico abbia tutti i requisiti per essere ritenuto un credo filosofico o religioso e per questo protetto dall’Equality Act del 2010, una legge anti-discriminazione. “Il modo in cui credo nel veganismo etico non è diverso dal modo in cui coloro che praticano una religione credono nelle regole della loro religione”, argomenta da sempre Casamitjana.
La League Against Cruel Sports, da parte sua, aveva respinto le accuse e ha spiegato di aver licenziato Casamitjana per "cattiva condotta".