Dopo Rishi Sunak e Sajid Javid, lasciano l'esecutivo anche altre due figure di primo piano, Michael Gove e Brandon Lewis. Una delegazione di fedelissimi del premier gli chiederà di dimettersi
Nuovo colpo durissimo per Boris Johnson. Il premier britannico perde il sostegno di un altro ministro di primo piano, Michael Gove, responsabile dello strategico portafogli del Livellamento delle Disuguaglianze Territoriali e grande sostenitore della campagna referendaria pro Brexit del 2016. E del titolare del dicastero per l'Irlanda del Nord, Brandon Lewis. Nonostante la raffica di dimissioni che minano fortemente la stabilità del governo Tory, Johnson non molla ed esclude le elezioni anticipate. Ma una delegazione di ministri rimasti fedeli al premier britannico, tra cui quello dell'Interno, Priti Patel, super falco dell'esecutivo e considerata tra i lealisti irriducibili, ha chiesto le sue dimissioni. Il premier ha ribadito di non volersi dimettersi.
Per Brandon Lewis l'esecutivo, colpito dallo scandalo, è ormai "oltre il punto di non ritorno". "Non posso sacrificare la mia integrità personale per difendere le cose come stanno adesso", ha detto il ministro, aggiungendo che il partito conservatore al potere e il Paese "meritano di meglio".
Le dimissioni di Lewis e Gove seguono quelle di altre due figure chiave, il Cancelliere dello Scacchiere, Rishi Sunak, e il ministro della Salute, Sajid Javid, che hanno lasciato l'incarico contestando pesantemente il premier britannico. Oltre a loro svariati viceministri e sottosegretari che hanno detto basta (in totale si contano circa trenta addii). Johnson, nell'occhio del ciclone da mesi per lo scandalo "Partygate", relativo alle feste svoltesi a Downing Street mentre erano in vigore le restrizioni anti-Covid, è stato nuovamente travolto dalle polemiche dopo che Chris Pincher, ex vice coordinatore dei deputati conservatori, è stato accusato di molestie sessuali.
Il governo sembra sempre più in bilico ma Johnson non intende gettare la spugna e ha lasciato intendere di voler cercare di resistere durante un'audizione di fronte al coordinamento bipartisan dei presidenti di commissione della Camera dei Comuni. Messo sulla graticola, il premier britannico ha in ogni caso negato la prospettiva di elezioni politiche anticipate: "Non credo che nessuno le voglia in questo momento" di crisi globale, ha detto. "Credo invece che noi dobbiamo andare avanti, servire gli elettori e affrontare le priorità che stanno loro a cuore".
Fuoco incrociato contro Johnson - Mentre Johnson cerca di "sopravvivere", gli attacchi espliciti nei suoi confronti si moltiplicano. Nel suo discorso di dimissioni alla Camera dei Comuni, l’ex ministro della Salute britannico Sajid Javid ha affermato che il premier “causerà danni duraturi alla reputazione del partito conservatore se rimarrà in carica”. Toni duri anche da parte del sottosegretario al Tesoro, John Glen, che ha scritto: “Il Paese merita di meglio”. “Possiamo e dobbiamo fare meglio di così” ha dichiarato invece la viceministra alla Giustizia responsabile per le carceri britanniche, Victoria Atkins, evidenziando come “valori come integrità, rispetto e professionalità” siano stati compromessi.
Delegazione di ministri chiederà a Johnson di dimettersi - Intanto, una delegazione composta da almeno una mezza dozzina di ministri rimasti fedeli a Johnson in seno al consiglio di gabinetto, sinedrio del governo britannico composto in totale da una trentina di membri, ha annunciato di volersi recare dal primo ministro per chiedergli di dimettersi.