Il caso in Corte suprema

Gb, vuole un figlio col seme del marito morto ma la clinica si oppone: "Manca la firma"

Jade e Daniel avevano firmato le pratiche per avviare l’inseminazione a Oxford nel 2019. "Non ci sono prove che il seme dell'uomo fosse per la moglie" dicono dal nosocomio

13 Dic 2021 - 12:11

Vorrebbe usare il seme congelato del marito defunto per avere il figlio che avevano tanto desiderato. Il seme è conservato da tempo al John Radcliffe Hospital di Oxford ma la burocrazia ora si è messa di traverso. Così Jade Payne, 35enne vedova inglese, ha iniziato la sua battaglia legale con l'ospedale: la direzione lamenta la mancanza dei documenti che confermino espressamente che il seme del marito fosse destinato alla moglie.

Come riporta il Times, il marito Daniel è morto due anni fa e, secondo la versione di Jade, voleva che quest’ultima avesse un figlio tramite la fecondazione in vitro. I due sono stati insieme per dieci anni e l'uomo aveva donato il suo seme nel 2010, prima di sottoporsi ad una terapia per il cancro ai testicoli. Ma ora Tfp Oxford Fertility non vuole saperne. Anzi, dalla clinica hanno detto a Jade che prima che ciò accada dovrà portare la causa fino alla Corte suprema.

Il nodo dei documenti - Il problema è la mancanza del suo nome su uno dei documenti relativi alla donazione iniziale del seme, nonostante la firma di Jade appaia poi in altri documenti più recenti. "È qualcosa che volevamo entrambi - ha dichiarato Jade - lo stavamo pianificando insieme ma poi è morto prima che ne avessimo l’opportunità". Stando alla ricostruzione della donna, la coppia stava per avviare la procedura per l’inseminazione artificiale ma ha poi interrotto il percorso quando ha scoperto che un altro tumore, stavolta al cervello, stava minacciando Daniel. Ora, la vedova deve raccogliere lettere da amici, famiglia e addirittura da chi si prendeva cura di suo marito in modo da provare le sue volontà.

Cosa è successo - A quanto pare, l’uomo era sicuro di aver incluso il nome di sua moglie nei documenti in questione, ma dopo la sua morte è emerso che non era così. I due avevano firmato le pratiche per avviare l’inseminazione al John Radcliffe Hospital ad Oxford nel 2019 e non avevano riscontrato problemi circa la firma mancante di Jade. "Avevamo scelto i nomi per il bambino - continua la vedova - parlato di come volevamo la cameretta, quale passeggino comprare, sapevamo perfettamente cosa volevamo".

Ma nonostante questo, una volta morto Daniel si è sentita dire che non c’erano "prove evidenti" che sancissero che quel seme fosse effettivamente destinato a lei. "Capisco", ha aggiunto, i problemi legali dovuti al fatto "di non avere il mio nome sul documento originale…ma anche così, lui ed io abbiamo entrambi firmato i documenti da allora e uno penserebbe che il buon senso prevalesse".

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