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Il tribunale tedesco ha condannato un ristoratore di Francoforte dopo la denuncia di Maria Falcone che commenta: "Ci sono nomi e argomenti sui quali non è possibile ironizzare, scherzare e speculare"
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Un ristoratore di Francoforte non potrà utilizzare il nome di Giovanni Falcone per la sua pizzeria, pena un'ammenda fino a 250mila euro o una condanna a sei mesi di reclusione. L'uomo, Constantin Ulbrich, era finito nella bufera due anni fa per avere chiamato il suo locale "Falcone e Borsellino".
Il locale - Oltre al nome, sui muri della pizzeria, dove erano riprodotti fori di proiettili, capeggiava la celebre foto scattata da Tony Gentile ritraente Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Poco distante da loro, un poster di Marlon Brando nei panni di Vito Corleone dal film Il Padrino.
La denuncia - Il caso era stato sollevato da Maria Falcone, sorella di Giovanni e presidente della Fondazione intitolata al magistrato ucciso dalla mafia. In primo grado, l'istanza per inibire al commerciante l'uso del nome era stata respinta in quanto, secondo il tribunale tedesco, "Falcone ha operato principalmente in Italia e in Germania è noto solo a una cerchia ristretta di addetti ai lavori e non alla gente comune che frequenta la pizzeria". Il tribunale sosteneva inoltre che, essendo passati trent'anni anni dalla morte di Falcone, il tema della lotta alla mafia non era più così sentito tra i cittadini.
La sentenza - I giudici di appello di Francoforte hanno invece ribaltato la sentenza di primo grado, accogliendo il ricorso della sorella del magistrato antimafia. Nella sentenza, depositata nei giorni scorsi, la corte ha disposto il divieto di uso "della denominazione commerciale ‘Falcone’ da sola o come parte di una denominazione commerciale, in particolare come nome della pizzeria ‘Falcone e Borsellino’, su insegne, menù, materiale pubblicitario, su internet, su Facebook e su Instagram nell'ambito dell'attività commerciale".
La reazione - "È una sentenza che ristabilisce il senso del rispetto. Ci sono nomi e argomenti sui quali non è possibile ironizzare, scherzare e tantomeno speculare a fini commerciali", ha commentato Maria Falcone ringraziando i legali che l’hanno assistita. La corte ha inoltre riconosciuto alla sorella una legittima pretesa al diritto alla richiesta di risarcimento in base al diritto al nome e al diritto alla personalità post mortem. "La violazione del diritto alla personalità post mortem del giudice Falcone da parte di atti commerciali discutibili perché contrastano con la sua vita e il suo lavoro è fondamentalmente da approvare", conclude la sentenza.