Speciale Guerra Ucraina
ANALISI E SCENARI

Tre anni di guerra in Ucraina, il lungo sonno è finito: se Usa e Russia si allineano, cosa ne sarà dell'Europa?

Il riavvicinamento tra Washington e Mosca sconvolge l'ordine dell'Ue e il futuro di Kiev. Le possibili reazioni comunitarie, dal riarmo alla "rivolta". La Russia verrà reintegrata nel sistema europeo? Quali rischi corriamo?

di Maurizio Perriello
24 Feb 2025 - 07:22
 © Afp

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L'Europa s'è desta, ma troppo tardi. A tre anni dall'invasione russa dell'Ucraina, ciò che quella notte del 24 febbraio non riuscì a fare la colonna di carri armati di Mosca, oggi è riuscito alle voci di una pace forse ingiusta, certamente impossibile. La tregua che si prepara a disvelarsi non fermerà le ostilità, con ogni probabilità le moltiplicherà in territori adiacenti, come il Caucaso, e lontani, come l'Asia. Un anno fa ci siamo accorti che il risiko mondiale era diventato un puzzle. Col ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca sembra cambiato tutto, di colpo. La velocità con cui ha "scaricato" Ue e Ucraina ci ha risvegliati da un lungo sonno in cui la storia e le guerre sembravano finite 80 anni fa. Ma il presidente degli Stati Uniti non può fare nulla da solo, la responsabilità è condivisa. Anche e soprattutto da noi europei, che nella nostra riverenza strategica agli egemoni americani abbiamo ignorato le numerose sveglie sulla necessità di aumentare la nostra autonomia difensiva. Ora ci è toccato il più brusco dei risvegli.

Come siamo arrivati a questo punto

 Il continente europeo è campo da gioco degli Usa dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, come dimostrano i circa centomila militari americani di stanza nei Paesi Ue (di cui 36mila nella sola Germania). Soldati mai richiamati in patria, nonostante le promesse di Trump già disattese durante il primo mandato. Gli Usa non vogliono e non possono abbandonare l'Europa, che resta il continente più importante del pianeta, autentico premio della globalizzazione e dei progetti geoeconomici alternativi, come quello cinese. Su questo non ci piove, ma negli anni Washington ha cercato di delegare ai Paesi europei una parte crescente della Difesa continentale. Fino alla richiesta di portare la spesa per il riarmo al 5% del Pil, soglia irraggiungibile per la stragrande maggioranza delle nazioni. Sempre sotto l'ombrello della Nato, che sulla minaccia russa aveva fino a oggi coagulato il frammentato fronte europeo. Ora Trump sembra essersi allineato a molte delle opinioni di Putin e dei russi, non solo sull'Ucraina e su Zelensky (definito "dittatore non eletto"), ma anche sul futuro ordine di sicurezza dell'Europa. La Casa Bianca sembra inoltre fare causa comune col Cremlino sostenendo movimenti estremisti e illiberali, come AfD in Germania, e attaccando gli stessi governi europei.

Cosa farà l'Europa (se esiste)?

 La domanda è provocatoria. L'Europa esiste, ovviamente, ma sulla sua unione si può e si deve discutere. Non rappresenta certamente un soggetto geopolitico in grado di prendere decisioni strategiche, delegate agli Usa. Attualmente nell'Ue si osservano almeno tre blocchi dagli interessi divergenti:

  • una parte ferocemente anti-russa (Polonia e Stati baltici) sui quali Nato e Usa puntano come avanguardia di Difesa;
  • una parte filorussa, capeggiata da Ungheria e Slovacchia;
  • una parte variegata, formata dagli Stati più influenti (Francia, Germania e anche Italia) che sono disposti a tornare a fare affari coi russi.

Va da sé che progetti chimerici come una Difesa comune europea suonano improponibili: chi comanderà l'eventuale esercito comunitario? Quale Paese deciderà strategie e tattiche, visto che molti vivono a migliaia di chilometri dai confini russi? Chi fine farà a quel punto la Nato e il suo Stato maggiore ben saldo nelle basi americane sparse in tutta Europa? La maxi base atlantista (la più grande nel continente) in costruzione in Romania, nei pressi di Costanza, suggerisce che la Nato è ben lontana dall'essere smantellata. Per adesso i leader europei sono stati capaci soltanto di convocare riunioni d'emergenza in cui riproporre il solito canovaccio: la Francia che si propone come guida d'Europa, il Regno Unito che rilancia se stesso come baluardo americano nel continente, la Germania che non vuole cedere lo scettro di motore politico oltre che economico, l'Italia che preferisce restare nel solco dell'egemone assecondando i venti provenienti da Washington. Il terzo anniversario della guerra d'Ucraina si presta come vetrina a tutto questo. Il 24 febbraio 2025 sarà dunque l'occasione per una riunione d'urgenza a Kiev con i leader dell'Ue, l'annuncio del premier britannico Starmer di nuovi aiuti all'Ucraina (complementari e non contrari al volere Usa) e il vuoto trionfalismo di Putin che dichiarerà la vittoria della Russia. Unilateralmente, come per l'annessione delle quattro regioni ucraine occupate (due neanche per intero).

Verso una Russia europea?

 Se questo è un'indicazione della nuova traiettoria assunta da Washington, segnerebbe la più profonda trasformazione della politica estera degli Stati Uniti almeno dagli Anni Cinquanta. L'Ucraina e il suo popolo diventerebbero così la prima vittima sacrificale di un nuovo allineamento tra Stati Uniti e Russia, ma gli effetti andrebbero ben oltre l'attuale guerra. Le mappe andranno ridisegnate e il ruolo di Mosca negli affari europei rivalutato. Era la profezia di Henry Kissinger: la Russia va reintegrata nel sistema europeo, in modo che torni a vedere se stessa come un'estensione del nostro continente e non dell'Asia, dove prima o poi dovrà scontrarsi con l'imperialismo cinese. Meglio ancora: "Va sconfitta l'invasione russa, non la Russia in sé". Una Russia sconfitta e umiliata all'estero cadrebbe in un caos ancora più pericoloso per noi europei, e rischierebbe davvero di essere mangiata dalla Cina. Sembra tuttavia molto difficile che l'apertura clamorosa dell'amministrazione Trump alle istanze di Putin si traduca in un'apertura di braccia da parte dell'Ue nei confronti di Mosca. Tre anni di aggressione militare non si cancellano. Dalle nostre capitali la Russia si vede bene, è laggiù, vicinissima. Dalle coste statunitensi, la linea retta che parte da Washington si infrange contro l'Ucraina, determinandone l'importanza come estero vicino comune a Europa e Russia. La stessa "correzione" delle elezioni in Romania, con l'allontanamento dello schieramento filorusso, è testimonianza della perdurante volontà americana di tenersi l'Europa. Anche prendendosi il rischio di aprire al Cremlino e di sostenere apertamente, con Elon Musk in prima linea, forze politiche e sociali di chiare simpatie xenofobe e putiniste. Anche prendendosi il rischio, dunque, di farsi megafono "autorizzato" della disinformazione russa in Europa. Con Trump, l'Ucraina sembra però diventato anche un argine al collegamento col mondo asiatico e al contestuale interventismo di Pechino. Molti canali euro-russi si riapriranno, per volontà anti-cinese di Washington, ma l'Unione europea è chiamata a una presa di coscienza inedita nella sua giovane storia. Anche a discapito della volontà del patron americano.

Tra "rivolta" e riarmo: come può agire l'Ue adesso

 Da un lato c'è chi, come il generale Vincenzo Camporini, afferma che Ue e Ucraina possono provare a "ribellarsi" al volere degli Usa di Trump e proseguire congiuntamente la guerra alla Russia. Dall'altro, c'è chi propone la medesima strategia ma senza opporsi apertamente agli egemoni americani. I quali, lo ribadiamo, non sono affatto diventati amici di Mosca e non abbandoneranno mai l'Europa. La propaganda trumpiana passerà. In fondo, l'aumento della spesa nella Difesa per Washington non significa altro che maggiori acquisti di armi e sistemi bellici statunitensi da parte degli europei. Rispetto a tre anni fa, gli Stati membri hanno senza dubbio aumentato gli investimenti nel riarmo. Chi più, chi meno. Se fantageopolitica o futurologia deve essere, allora andiamo fino in fondo. Come suggerito su Foreign Policy da Garvan Walshe, ex consigliere per la Sicurezza britannico, l'Ue potrebbe concretamente prendere il toro russo-americano per le corna, invece di proporre i soliti summit in cui la Francia tenta di inserirsi nei presunti vuoti lasciati dall'America. E potrebbe riuscirci attraverso diverse mosse, al netto delle ovvie difficoltà di un Paese invaso allo stremo delle forze e degli accordi superiori tra grandi potenze. In primis sequestrare i 150 miliardi di dollari di asset russi congelati e girarli all'Ucraina, come consentito dal diritto internazionale. Poi istituire una banca europea per il riarmo dei principali Stati Ue e imporre sanzioni secondarie agli intermediari che fanno affari coi russi (soprattutto in Asia Centrale). Dal punto di vista materiale, la Svezia potrebbe ad esempio inviare all'Ucraina i suoi 100 aerei da combattimento Gripen, le cui capacità e requisiti di manutenzione li rendono ideali per gli obiettivi militari di Kiev.

La difesa dalla minaccia russa

 Già nel 2020, ben prima dell'invasione russa dell'Ucraina, l'Agenzia svedese per la Ricerca sulla Difesa indicò come e dove la Russia avrebbe potuto condurre attacchi segreti in Europa. Una sorta di prologo a una successiva aggressione militare diretta contro un membro della Nato, con l'obiettivo di immobilizzare il continente e renderlo incapace di rispondere. Bene, i possibili attacchi russi elencati dagli svedesi li abbiamo visti verificarsi nel corso dell'ultimo anno. Incursioni hacker, disinformazione battente, militarizzazione dei confini, sabotaggio di sistemi di navigazione e di comunicazioni sottomarine, ricatto energetico. Secondo esperti come il britannico Keri Giles, tutto ciò a cui abbiamo assistito in Europa suggerisce che la Russia stia testando il raggiungimento dei suoi obiettivi, l'impatto delle sue azioni e le reazioni delle autorità nei Paesi presi di mira. Ogni volta che Mosca porta a termine un attacco tra quelli elencati, apprende le capacità di difesa del Paese bersaglio. In questo modo il Cremlino individua gli obiettivi più facili da colpire in futuro. Mentre l'Ue si affanna per aumentare il supporto all'Ucraina e per decidere se inviare truppe per garantire un cessate il fuoco, l'obiettivo della Russia potrebbe essere quello di intimidire o dissuadere singoli Stati europei dal farlo. E lo scenario peggiore, la preparazione per un attacco palese a uno Stato membro della Nato, è ancora sul tavolo. Finora gli attacchi russi noti sono stati individuali e isolati, ma l'impatto sarebbe ovviamente maggiore se Mosca conducesse una campagna di massa coordinata in più sedi e domini. Se i responsabili della difesa della Nato hanno ragione sul fatto che il Cremlino sta pianificando attacchi militari oltre l'Ucraina, non c'è parte dell'Europa che non sia a rischio.

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