L’inchiesta de "Le Iene" racconta gli effetti della vicinanza forzata tra i due popoli prima dello scontro del 7 ottobre
Situata a circa 30 chilometri a sud di Gerusalemme, Hebron è la città più popolosa della Cisgiordania e da decenni è il simbolo della vicinanza forzata tra due popoli quello arabo e quello israeliano. Qui ogni cosa è separata da recinzioni, filo spinato, blocchi di cemento e muri per tenere separate le due parti perché capita che l'incontro tra i due popoli generi scontri e violenza. Lo raccontano "Le Iene" che giunte a Hebron, prima dello scontro del 7 ottobre, spiegano come è articolata la città divisa in due blocchi separati e cosa accade quando è necessario attraversare il confine.
Ci sono zone destinate alla libera circolazione degli arabi, ma vietate a quella degli israeliani e viceversa. A sinistra nella zona H1 vivono circa 200mila arabi, mentre a destra nella zona H2 vivono 700 ebrei. "Ai palestinesi dopo gli accordi di divisione - racconta il giornalista Marco Maisano - è permesso andare in alcune zone controllate dagli israeliani. Ma a questi ultimi, invece, non è permesso in nessun caso uscire dal loro quartiere sorvegliato h24 dai militari". Addentrandosi nella cittadina, infatti, è possibile vedere uno dei tanti passaggi dal lato arabo a quello israeliano. Per attraversarlo la troupe del programma di Italia 1 ha bisogno di superare dei tornelli controllati dai militari, successivamente arriva in una stanza destinata al controllo dei documenti da parte di alcuni soldati posizionati dietro un vetro antiproiettile. Poi è necessario passare al metal detector, solo dopo aver superato l'ultimo tornello sarà possibile approdare sul territorio israeliano.
Questa procedura deve essere fatta da tutti gli arabi che, per rientrare a casa, devono passare obbligatoriamente per una strada israeliana. Continuano a esserci dei punti dove arabi e israeliani si incontrano e dove spesso è capitato che sia esplosa la violenza. La città, inoltre, non è solo divisa orizzontalmente ma, in alcuni casi, anche verticalmente. "Giù di sotto ci sono gli arabi - spiega il giornalista dal secondo piano di una struttura - mentre qui sopra ci sono gli israeliani. C'è una rete metallica che divide i piani delle case. Questo sempre per evitare che gli incontri sfocino in violenza".
Visitando il lato arabo si può vedere come la città sia viva, piena di traffico e con un gran bel mercato. Dal lato israeliano, invece, trovare una persona per strada è molto difficile a meno che non si tratti di un soldato. E anche se la situazione tra i due popoli divisi a Hebron, prima del 7 ottobre, sembrava tranquilla questa gente "convive con la paura e l'odio". "L'esercito israeliano ha blindato questa porta perché dall'altra parte vive una famiglia israeliana", spiega un cittadino arabo che mostra come la separazione sia arrivata all'interno della sua stessa casa. "Hanno sfregiato il volto di mia figlia con una bottiglia", continua l'uomo che racconta cosa può accadere quando la convivenza è concentrata in spazi molti stretti.
Dall'altra parte del muro, però, ci sono altrettante famiglie israeliane con i loro drammi e le loro sofferenze. "Sei mesi fa un terrorista arabo di 17 anni ha scavalcato le recinzioni, è entrato nell'unica finestra aperta e ha ucciso Halel nel suo letto mentre dormiva. L'ha pugnalata al cuore e ha continuato a colpirla per sette volte solo per assicurarsi che fosse morta, ed è rimasto nella stanza aspettando che arrivasse la seconda vittima", racconta infine una mamma, donna israeliana che ha perso sua figlia di 13 anni e mezzo.