La testimonianza dalla Francia

Coronavirus a Parigi, Valeria a Tgcom24: "Penso a quel francese che mi diceva che qui sarei stata al sicuro"

Un architetto 40enne di origine marchigiana racconta la quarantena nella capitale francese: "Abbiamo ancora un'ora d'aria al giorno per fare attività fisica, ma se ci si incontra per strada si cambia marciapiede"

di Gabriella Persiani
29 Mar 2020 - 08:00
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"Sa a cosa penso in questi giorni, tra l'altro? A quel ragazzo francese, uno sconosciuto, che qualche giorno prima del lockdown incontrai in piscina e a me e alla mia amica disse: 'Eh, italiane, siete contente? Qui siete al sicuro'. Chissà se su quelle parole oggi riflette anche lui". Mantiene calma  e sangue freddo Valeria Russi, architetto 40enne di origine marchigiana, da 7 anni a Parigi, nel raccontare a Tgcom24 la sua quarantena in Francia, mentre il Paese si appresta a diventare l'epicentro della pandemia in Europa. "La solita arroganza dei francesi, potrei dire - aggiunge, commentando l'episodio - ma che riguarda tutti: se ci rivediamo ai giorni dell'emergenza coronavirus in Cina. D'altronde finché una cosa non ci tocca direttamente...".

Come sta vivendo questa quarantena a Parigi?

"Con molto calma; qui nel mio quartiere, a Belleville, tutto procede tranquillamente, senza resse, scene di panico in giro. Fa sicuramente tanto il fatto che il 17% della popolazione abbia lasciato la città per trasferirsi in campagna. C'è un silenzio surreale squarciato solo dalle sirene delle ambulanze. C'è molto sorveglianza in strada, tutti mi sembrano rispettare i divieti, ma c'è anche da dire che, a differenza dell'Italia, abbiamo ancora un po' di libertà: oltre alle uscite per la spesa, ogni giorno possiamo godere di un'ora da dedicare all'attività fisica nell'arco di un chilometro. E io approfitto per una passeggiata, aiuta l'umore".

Parchi e negozi chiusi dal 16 marzo, come ha riorganizzato le sue giornate?
"Si andrà avanti fino a metà aprile con l'idea di arrivare a fine mese. Certo, i primi giorni sono stati difficili, come per tutti, perché si ha davvero la sensazione di stare in gabbia. Anche se io da giorni prima, sapendo cosa accadeva in Italia, mi limitavo molto nelle uscite e nella vita sociale. In questa situazione di stallo, poi, si è anche poco motivati a cercare lavoro. Approfittando, però, di quell'ora d'aria che abbiamo, si incontra gente in giro, anche se si cambia marciapiede... Qualcuno indossa la mascherina... Abbiamo la nostra autocertificazione in tasca, ma io non ho subito ancora controlli di polizia; vengono fermati più facilmente gruppi di persone, magari le famiglie in giro...".

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Come si viveva da italiani a Parigi sapendo cosa accadeva a casa nostra e prima del lockdown francese?
"Tra noi c'era molta preoccupazione e i consigli che ci davamo era di cercare di sensibilizzare i nostri amici e conoscenti francesi, perché qui lo Stato sembrava sottovalutare e temporeggiare, un po' come in tutti i Paesi. Si poteva intervenire prima? Credo che dovunque sia stato difficile fare delle scelte per i propri cittadini. Certo, anche il fatto di non rimandare le elezioni amministrative... è stata una decisione politica. Domenica 15 marzo, alla vigilia del lockdown, era una bella giornata con parchi strapieni".

Ha subito lo scherno dei francesi?
"Quello della pizza di Canal plus è stato un episodio di ottusità, comune a chi non vive certe situazioni e pensa che mai le vivrà. Tanta leggerezza ho visto, ma anche tanta arroganza, anche quella tipica, non solo dei francesi. Ripenso a quello sconosciuto che giorni prima del 16 marzo io e una mia amica incontrammo in piscina e che ci disse: 'Siete italiane? Sarete contente di star qui, al sicuro'. In realtà noi cercavamo di fare per quanto possibile una vita normale, ma, ripeto, eravamo davvero preoccupate di ciò che accadeva a casa nostra e che poteva esplodere anche a Parigi. Non ci sentivamo affatto al sicuro; ogni tanto mi chiedo se quel ragazzo ora ripensa alle sue parole".

Cosa le manca di più?
"Forse di essere costantemente aggiornata sulla situazione come accade in Italia. C'è un sito nazionale con le indicazioni su come comportarsi, un numero verde da chiamare se malati, alcuni dati, ma per esempio su Parigi trovo difficile recuperare informazioni sui numeri".

La prima cosa da fare quando tutto sarà finito?
"Tornare in Italia a riabbracciare la mia famiglia. Pur potendo ho preferito non raggiungerli, perché sono anziani e considerati nella fascia a rischio. Mi ha trattenuto a Parigi un senso di responsabilità, ma come tutti gli stranieri in un altro Paese, la voglia di tornare a casa è grande. E' un valore aggiunto questa speranza in giorni così".

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