"Ogni tentativo di Madrid di fermare il voto ha finito con l'aumentare la partecipazione della gente", spiega Raul Romeva
"Il primo ottobre si andrà a votare, perché questo è il volere del popolo. Ogni tentativo di fermare il voto ha finito con l'aumentare la partecipazione della gente. Hanno fatto arresti, sequestrato le schede elettorali e la gente ha iniziato a stamparsele da sole. Se il governo di Rajoy pensa che queste azioni impediranno il referendum è ingenuo o irresponsabile". In un'intervista a NewsMediaset, Raul Romeva, ministro degli Affari esteri del governo catalano, commenta la reazione del governo di Madrid ai preparativi per il referendum per l'indipendenza catalana.
"Il referendum non è illegale, non è anticostituzionale, - precisa il ministro degli Esteri della Catalogna - ci sarebbe solo bisogno di un accordo con lo Stato. Il referendum non è un reato, il codice penale non lo considera come tale, la domanda quindi è: perché Madrid lo tratta come tale?".
"Mettere in prigione delle persone che stanno compiendo un reato ha un nome - continua Romeva. - Il franchismo è ancora esistente. Lo stato di diritto qui in Spagna è venuto meno. I giudici fanno quello che vuole il governo. E' il braccio in mano dell'esecutivo Rajoy".
Raul Romeva prosegue: "L'80% delle persone in Catalogna vuole votare. Non sono necessariamente tutti a favore dell'indipendenza ma vogliono andare alle urne. Non si può ignorare il volere di due milioni di persone, si stanno violando dei diritti fondamentali. Stiamo avendo sostegno da tante altre città. Non c'è un problema tra la Catalogna e la Spagna, c'è un problema tra lo Stato spagnolo e la democrazia".
Infine una domanda all'Europa - Romeva è stato eurodeputato per 10 anni - che osserva con preoccupazione quanto sta accadendo in Spagna. "All'Europa dico, qui non è in gioco la nostra indipendenza ma la democrazia. La domanda che pongo è: volete sostenere uno Stato in Europa che consente il dibattito o che arresta la gente che non commette reati. Non chiedo all'Europa di esprimersi sull'indipendenza della Catalogna ma sui diritti democratici".