Il Presidente dell'Esecutivo europeo vuole superare le resistenze e avviare una politica comunitaria sull'immigrazione. Si discute di cifre: chi e quanto accogliere e quanti soldi investire
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Via libera dai capi di gabinetto dei rappresentanti: dopo la Commissione Europea, il piano Juncker andrà in Consiglio dove dovrà ottenere la maggioranza qualificata. Ma è nebbia sui numeri: 190 milioni di euro è la cifra più ottimistica che l'Europa offrirà per gestire il problema sbarchi, ma l'Italia nel solo 2014 ne ha spesi più di 600, solo 25mila (sui 170mila transitati quest'anno) i profughi da smistare fra i 28.
Un piano in sette punti - Sono sette i cardini del piano per l'immigrazione che il presidente della Commissione Europea ha intenzione di far approvare dai Paesi membri. Per prima cosa ampliare Triton, ritornando a numeri di azione più simili a quelli di Mare Nostrum. Il motto è "search and rescue", cioè ricerca e salvataggio, che in concreto vuol dire autorizzare le navi a spingersi fino a 50 miglia dalle coste italiane (non più solo 20 miglia, come previsto dall'agenzia Frontex fino ad oggi) per cercare i barconi e salvare i migranti.
Secondo: sostenere un'eventuale operazione militare dell'Onu in Libia; sarebbe l'unica forma di intervento a cui la Gran Bretagna darebbe disponibilità con l'offerta di una base militare, ma già definito pericoloso da organizzazioni umanitarie come Amnesty International.
Al terzo punto c'è la collocazione obbligatoria di 25mila persone che abbiano già ricevuto lo status di rifugiato tra i Paesi dell'Unione, in base a popolazione, Pil, occupazione: ad esempio a noi 2000 e 2500 alla Germania. Ma Juncker si spinge oltre. Il piano dovrà essere operativo già da giugno per poi diventare permanente, prevedendo 30 milioni di investimenti ogni anno a regime e la costruzione di un centro di identificazione pilota in Niger, controllato dall'Ue.
La guerra dei numeri - Nel Mediterraneo, tra il 2000 al 2013 sono morti più di 23 mila migranti, per questo il Vecchio Continente vorrebbe rendere più facile l'accesso tramite vie legali e sicure, per poi intervenire sui trafficanti e sulle loro imbarcazioni. Ma le buone intenzioni non bastano: secondo il quotidiano Il Messaggero sarebbero 250 i milioni richiesti dall'Italia all'Europa come sostegno alle operazioni, considerando che per salvare i profughi del solo ultimo anno il nostro Paese ne ha spesi almeno 600.
Se a quella cifra sarà difficile trovare il compromesso con gli altri, sarebbe già ottimo arrivare ai 190 milioni complessivi riportati da La Stampa. Questi soldi andranno ripartiti obbligatoriamente fra i 28, ma è sulla "obbligatorietà" che le nazioni dell'Est e la Gran Bretagna hanno già storto il naso.
Il ruolo dell'Italia - Ormai anche Francia e Germania hanno capito che i paesi del Mediterraneo non possono essere lasciati da soli e infatti sosterranno il piano di Juncker. Intanto però i quattro paesi affacciati sul mare hanno già smistato fino ad oggi il 72% delle pratiche per i rifugiati di tutta l'Unione. Secondo le ultime ricerche dell'Eurostat nel 2014 le richieste di asilo sono aumentate nel nostro paese del 42% (20.600 in cifre assolute) e siamo tra i quattro che accolgono di più in tutto il continente. Altro nodo critico della questione sta negli accordi di Dublino del 2003, secondo cui "lo Stato membro competente all'esame della domanda d'asilo è lo Stato in cui il richiedente ha messo piede per la prima volta nell'Unione europea". Una differenza non da poco per l'Italia, che eventualmente si troverà ancora il maggior peso sulle spalle ed evidentemente non potrà essere trattata come le nazioni dell'entroterra anche in una ottica di distribuzione proporzionale degli sforzi.