Il 90% di loro non è scolarizzato

In India i figli dei becchini non possono studiare? La scuola andrà nei cimiteri

Il progetto "Rupantara" porta insegnanti e volontari per fornire istruzione a questi piccoli lavoratori che vivono emarginati con le proprie famiglie

09 Gen 2018 - 12:24

      
      Paesaggio dell'Himachal Pradesh
   
    © dal-web

Paesaggio dell'Himachal Pradesh © dal-web

A scuola tra le lapidi. Per noi sarebbe impensabile, ma per molti bambini indiani è un enorme passo avanti. Là infatti intere famiglie di "grave diggers", i becchini, vivono all'interno dei cimiteri e i loro figli non possono frequentare nemmeno gli studi elementari. Per rispondere a questa emergenza, nel 2016 la città di Bangalore ha visto nascere il progetto "Rupantara", che in lingua hindi significa "cambiamento".

La situazione - "La città di Bangalore ha oltre 30 comunità di grave diggers e il 90% delle persone che vivono in queste comunità non ha mai frequentato la scuola": così Valentina Calcaterra, ricercatrice dell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, traccia un quadro della problematica al "Redattore sociale". L'obbligo scolastico ci sarebbe, ma non viene rispettato. I genitori hanno bisogno del loro contributo nel lavoro di famiglia e, sebbene la suddivisione in caste sia stata ufficialmente abolita, nutrono ben poche speranze in un cambiamento sociale.

L'incontro - Samuel Gladson, operatore sociale di Bangalore, un giorno ha partecipato ad un funerale e ha rivisto i figli dei grave diggers nella stessa condizione in cui li aveva trovanti un anno prima. Allora ha sentito l'esigenza di fare qualcosa per loro e, supportato dalla ong Hand in Hand, ha dato vita ad una vera e propria scuola per i bambini che vivono nei cimiteri. Tra le attività, lezioni di italiano, francese e spagnolo, gite nei musei e laboratori creativi.

La speranza - A un anno dall'inizio del progetto, le parole di una madre non sono un vero bilancio, ma mostrano un grande cambiamento: "Non abbiamo mai mandato i nostri figli a scuola, ma dopo l'esperienza fatta con questi volontari abbiamo capito che anche loro possono studiare. Facciamo questo lavoro da cinque generazioni e non voglio che i miei figli finiscano come noi".

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