Iran, folla per commemorare Mahsa Amini a 40 giorni dalla morte
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I filmati mostrano ragazzi avvicinarsi senza essere visti a uomini vestiti con l'abito religioso tradizionale per poi dare un colpo con la mano al loro turbante facendolo cadere per terra
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Continuano le proteste anti regime in Iran, nel quadro della violenta mobilitazione innescata dalla morte di Mahsa Amini, la 22enne deceduta dopo essere stata arrestata dalla polizia morale per non aver indossato correttamente il velo. La protesta sembra ora prendere una nuova forma: sui social sono stati infatti diffusi video che mostrano attivisti togliere il turbante a religiosi che camminano per strada. I filmati mostrano ragazzi avvicinarsi senza essere visti a uomini vestiti con l'abito religioso tradizionale per poi dare un colpo con la mano al loro turbante facendolo cadere per terra.
Lo "schiaffo del turbante" - Secondo il canale televisivo in lingua persiana, con sede a Londra, Iran International, togliere il turbante ai religiosi è diventata una nuova forma di protesta non violenta nell'ambito delle dimostrazioni anti sistema che continuano da oltre un mese.
Le proteste anti sistema in Iran - Le manifestazioni sono iniziate dopo la morte, il 16 settembre a Teheran, di Mahsa Amini, 22enne che ha perso la vita dopo essere stata arrestata perché non portava il velo in modo corretto. Secondo la Ong con sede ad Oslo "Iran Human Rights", durante la repressione delle proteste sono morte almeno 277 persone, tra cui 40 minori e 24 donne.
Scontri e manifestazioni in tutto il Paese - Prosegue intanto la conta delle vittime e si ripetono episodi di spari sulla folla. Un paramilitare delle forze Basij è stato ucciso a coltellate mentre cinque membri delle forze dell'ordine sono rimasti feriti, di cui uno in modo grave, a Karaj, vicino a Teheran. Gli scontri con le forze di sicurezza, che hanno aperto il fuoco contro i manifestanti, erano iniziati dopo che una grande folla si era radunata per commemorare un manifestante ucciso nelle scorse settimane, nel 40esimo giorno della morte, che in Iran segna tradizionalmente la fine del periodo del lutto.
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Secondo i media dissidenti iraniani con sede all'estero, dimostrazioni si sono tenute nella facoltà di architettura dell'università Pars di Teheran e anche in un ateneo di Saqqez, la città di cui Mahsa Amini era originaria, nella provincia del Kurdistan iraniano. Folle anche ad Arak e Isfahan, mentre a Karaj, dove gli scontri hanno portato alla morte del paramilitare, alcuni giovani hanno bruciato il turbante che avevano tolto dal capo di un religioso.
L'arresto del rapper Toomaj Salehi - Secondo la ong Hrana, gli arrestati sono oltre 14mila. Tra loro ci sono avvocati e giornalisti ma anche artisti, come il rapper Toomaj Salehi che aveva espresso sostegno per le proteste. Fermato il 30 ottobre, secondo la famiglia, l'artista è stato trasferito da un penitenziario di Isfahan nel famigerato carcere di Evin a Teheran, noto come la prigione dei dissidenti, dove sarebbe in custodia anche Alessia Piperno, la trentenne italiana che si trovava in Iran quando sono esplose le proteste ed è stata detenuta pochi giorni dopo l'inizio delle dimostrazioni.
Toomaj Salehi "si trova in custodia di funzionari dell'intelligence, non gli è permesso di fare chiamate o ricevere visite" e sarebbe stato picchiato al momento dell'arresto, ha dichiarato lo zio del musicista a IranWire, sostenendo che è stato prelevato in casa da militari in borghese e non è stato arrestato mentre tentava di lasciare il Paese, come era stato affermato invece dalle autorità. Toomaj Salehi era già stato arrestato nel 2021 per "propaganda", a causa di canzoni critiche verso il regime degli ayatollah, e rilasciato su cauzione, mentre dopo l'inizio delle recenti proteste aveva espresso solidarietà ai dimostranti attraverso la sua musica e in un'intervista al servizio pubblico canadese Cbc.
Si allarga la distanza tra Occidente e Iran - Mentre scontri e dimostrazioni restano all'ordine del giorno, continua ad allargarsi la distanza tra l'Iran e l'Occidente, che ha fortemente criticato le "violazioni dei diritti umani" durante la repressione delle manifestazioni. Le critiche di alcuni leader europei per la repressione contro i manifestanti avrebbero "aperto la strada per minacce alla sicurezza dell'Europa", ha affermato il ministro degli Esteri iraniano Hossein Amirabdollahian durante una telefonata con l'Alto rappresentante per gli Affari Esteri dell'Unione europea Josep Borrell.