Magistrato, 63 anni, vinse le elezioni nel 2021
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Ebrahim Raisi, 63 anni, aveva vinto le elezioni presidenziali in Iran nel 2021, con un voto che ha registrato l'affluenza più bassa nella storia della Repubblica islamica. Figura intransigente, in passato a capo della magistratura iraniana, era considerato un protetto della Guida suprema, l'Ayatollah Ali Khamenei, e alcuni analisti avevano ipotizzato che avrebbe potuto sostituire il leader 85enne dopo la sua morte o le sue dimissioni dal ruolo.
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Nato il 14 dicembre 1960 a Mashhad, Raisi era cresciuto in una famiglia clericale e aveva ricevuto un'educazione religiosa. Come riporta l'Enciclopedia britannica, si presume che avesse partecipato attivamente agli eventi del 1978-79 che avevano portato lo Scià all'esilio e all'istituzione di un sistema di governo basato sulla visione di Khomeini, dato che dopo la rivoluzione iraniana si era dedicato fin dall'inizio della sua carriera a sostenere il nascente regime contro l'opposizione interna.
Nel 1985 era diventato procuratore aggiunto a Teheran e nel 1988, durante la guerra Iran-Iraq, Khomeini aveva ordinato l'esecuzione di migliaia di prigionieri politici che aveva accusato di collaborare con l'Iraq, nominando Raisi in un comitato incaricato di determinare se i prigionieri fossero o meno leali al governo. Per il suo coinvolgimento nell'esecuzione di massa di migliaia di prigionieri politici era stato sanzionato dagli Stati Uniti.
Dopo l'ascesa al potere di Ali Khamenei nel 1989, Raisi aveva iniziato la scalata nel sistema giudiziario iraniano. Nonostante la sua posizione di alto livello all'interno del regime, Raisi si era costruito un'immagine di critico del governo, dotato di principi e duro nei confronti della corruzione.
Si era scontrato con Hassan Rouhani nelle elezioni presidenziali del 2017, criticandolo per aver concluso l'accordo nucleare internazionale JCPOA (Joint Comprehensive Plan of Action). Dopo la sua nomina a capo della magistratura nel 2019, Raisi aveva immediatamente perseguito casi di corruzione contro funzionari governativi e importanti uomini d'affari, anche se in modo selettivo.
Quando si era candidato alle elezioni presidenziali del 2021, aveva continuato a proporsi come difensore contro la corruzione del governo, e aveva espresso sostegno alla negoziazione di un accordo nucleare internazionale che tenesse conto degli interessi iraniani.
Sotto Raisi, l'Iran ha arricchito l'uranio a livelli quasi nucleari e ostacolato le ispezioni internazionali, rafforzato i legami con la Cina e si ritiene che abbia armato la Russia nella sua guerra contro l'Ucraina, oltre a lanciare un massiccio attacco con droni e missili contro Israele nel contesto della sua guerra contro Hamas nella Striscia di Gaza. Ha anche continuato ad armare per procura gruppi in Medioriente, come i ribelli Houthi dello Yemen e gli Hezbollah del Libano.
La presidenza di Raisi è stata anche testimone di massicce proteste scoppiate nel 2022 per la morte in custodia di Mahsa Amini. Amini, 22enne curdo-iraniana, era stata arrestata con l'accusa di aver violato il rigido codice di abbigliamento della Repubblica islamica per le donne, non indossando correttamente il velo. La sua morte ha provocato un'ondata di proteste a livello nazionale e all'estero, duramente represse in patria.