L'insediamento di Yarmouk è diventato il rifugio della disperazione: gli sfollati costretti a mangiare l'erba e i propri cani
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Il volto e gli occhi scavati dalla denutrizione, la bocca riarsa, il maglioncino diventato troppo grande per un piccolo corpo ormai disidratato e senza forze. Poi, Israa al-Masri non è più riuscita ad aggrapparsi alla vita. La sete e la fame, se la sono presa, a quattro anni, sotto una tenda di un campo profughi, quello di Yarmouk, vicino a Damasco, diventato da non più di un anno, - deliberatamente - un campo di concentramento.
Lo assedia l'esercito di Assad che pensa che dentro si nascondano degli insorti. Non fa passare cibo, acqua, medicinali. Nessun corridoio umanitario per questo luogo dell'orrore. Il volto della piccola Israa ne è diventato ora il simbolo. In questo campo,le 18mila persone rimaste, hanno iniziato a mangiare carne di cane e di gatto, strappano l'erba e se ne cibano.
I cecchini del regime sparano alle madri che tentano di raccogliere le foglie dagli alberi e le pochissime piante rimaste nei campi, per i loro figli. Si muore sotto il fuoco e di fame. Almeno quattro vittime al giorno. In questo campo di concentramento e di sterminio. ”A Yarmouk ci sono solo scheletri con la pelle gialla” ha raccontaato un testimone che è riuscito a fuggire e che ha aiutato a portar fuori dal campo l'ultima immagine di vita di Israa al Masri.