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Sulle sedie vuote nella platea dell'auditorium sono esposte più di mille foto per iniziativa del sindacato studentesco dell'ateneo
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Le foto di mille vittime di Hamas in platea all'ateneo di Tel Aviv. Si tratta dei volti di israeliani rapiti, scomparsi o uccisi da Hamas, che hanno preso posto nella platea dell'Auditorium Smolarz dell'Università di Tel Aviv. E' un'esposizione dal forte impatto organizzata dal sindacato studentesco dell'ateneo e diventata virale sui social media.
Ciascuna delle sedie vuote nell'aula porta l'immagine di una vittima israeliana del devastante attacco di Hamas del 7 ottobre. Come spiega Haaretz, la mostra è nata su iniziativa del sindacato studentesco dell'università, insieme a un'iniziativa internazionale chiamata "Uniti contro il terrorismo" che afferma di aver organizzato manifestazioni e allestito mostre nei principiali atenei degli Stati Uniti e in Europa, per "dare sostegno gli sforzi di diplomazia pubblica di Israele ed esporre gli orrori dell'attacco terroristico di Hamas".
Il presidente del sindacato studentesco dell'Università di Tel Aviv, Daniel Zilber, ha affermato che l'intento dell'iniziativa è quello di "cercare di illustrare la portata dell'orrore e mostrare al mondo che siamo stati massacrati. Questo non è né uno slogan né un cliché: nonostante la carneficina, trionferemo".
Sempre molto di effetto la precedente iniziativa di apparecchiare una tavola sempre per i 203 ostaggi di Hamas. Anche in quell'occasione nomi, volti, e un posto apparecchiato per la cena di Shabbat, posto che però rimane vuoto. Da Tel Aviv a Roma, le Comunità hanno allestito sabato 20 ottobre una tavolata in ricordo delle "sorelle e dei fratelli" ostaggio di Hamas dall'attacco ad Israele del 7 ottobre.
E dal governo israeliano era arrivato l'appello sui social a tutto il popolo a lasciare vuoto un posto a tavola: "Questo Shabbat migliaia di famiglie in Israele sono senza i loro cari. Vi chiediamo di lasciare una sedia vuota al vostro tavolo dello Shabbat e di unirvi a noi in preghiera per riportare a casa le nostre famiglie", il messaggio del governo.
Anche nel quartiere ebraico di Roma la tavola imbandita con vino, piatti e candele, costeggia le mura della Sinagoga. Sono 203 i posti riservati alle persone rapite, e dietro ogni sedia la foto di un ostaggio con il nome e la scritta: "Rapito dalla sua abitazione da Hamas". "Questo tavolo ci serve per ricordare che circa 200 persone sono oggi ostaggio nell'inferno dei bunker di Gaza", ha dichiarato il presidente della Comunità ebraica di Roma Victor Fadlun. Tristezza e paura, i sentimenti che vive il Portico D'Ottavia. Ma dalla Comunità, oltre la preghiera, arriva un messaggio chiaro: "Gli stessi palestinesi oggi sono ostaggio di questa violenza. Dobbiamo tendere una mano e sperare che ci sia una soluzione per tutti adeguata", ha sottolineato Fadlun.
Intanto l'ex Ghetto della Capitale guarda quelle sedie vuote con commozione e legge con non poca rabbia la didascalia appesa nei manifesti: "Quasi 200 civili israeliani innocenti sono stati rapiti e portati nella Striscia di Gaza. La loro posizione rimane sconosciuta. Più di 3.000 donne, uomini e bambini, di età compresa tra i 3 mesi e gli 85 anni, sono stati feriti, uccisi, picchiati, violentati e separati brutalmente dal loro cari da Hamas": questi i numeri riportati e messi nero su bianco.
Indicando le foto di bimbi di 9 mesi o di 4 anni, Fadlun ha voluto ricordare davanti cosa quella tavola rappresenta: "Al tavolo dello Shabbat le famiglie ebraiche si riuniscono per celebrare l'inclusione l'amore e la tenerezza del calore familiare. Il nostro augurio - ha ribadito - è che questo tavolo possa essere riempito presto".
Non solo la Comunità di Roma. L'iniziativa è stata infatti organizzata proprio nella terra dove gli israeliani hanno rivissuto il sabato nero due settimane fa. Ed è nella piazza del Museo di Tel Aviv che un'altra lunga tavola è stata allestita: "Centinaia di famiglie aspettano i loro cari. La nostra tavola per la cena dello Shabbat non sarà completa finché non torneranno a casa", ha scritto il Forum in un post.