Israele, migliaia di persone in corteo a Gerusalemme contro la riforma della giustizia voluta da Netanyahu
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Il provvedimento ha scatenato le più dure proteste contro il governo. I sindacati revocano lo sciopero generale. l'opposizione apre al dialogo
In Israele, dopo le maxi-proteste, il premier Benjamin Netanyahu, che in un clima di crescente tensione ha licenziato il ministro della Difesa contrario alla riforma della giustizia, fa marcia indietro e "congela" il provvedimento. "Non possiamo avere una guerra civile", ha detto in un discorso alla nazione. "Troverò una soluzione a tutti i costi", ha aggiunto. La scelta per dare "tempo" per un esame allargato nella prossima sessione parlamentare per "raggiungere un'intesa". L'appello di Netanyahu è stato accolto dall'opposizione. "Mi presenterò al dialogo con cuore aperto e anima sincera", ha sottolineato Benny Gantz, leader del partito centrista "Mahane Mamlachti". Anche Yair Lapid, leader del partito centrista "Yesh Aitd", ha dichiarato di essere disposto a intavolare un dialogo sotto l'egida di Herzog. I sindacati hanno revocano lo sciopero generale.
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"Ora è giunta un'opportunità unica. Costruire di nuovo il nostro Paese", ha affermato il capo dell'esecutivo nel suo discorso alla nazione. Netanyahu ha aggiunto: "In questo momento riceviamo molto sostegno, anche da Paesi esterni. Sappiamo che il Paese ha bisogno di riforme". Rivolgendosi ai manifestanti, il capo dell'esecutivo ha evidenziato: "Siate responsabili. Non lasciatevi andare alle provocazioni. Il nostro metodo democratico è quello giusto. Non priviamo il popolo della possibilità di scegliere. Cercheremo di giungere a un accordo che riesca a comporre la controversia".
Netanyahu si è detto consapevole delle crescenti tensioni nella società israeliana e della volontà di risolverle, ma afferma che esiste una "minoranza estremista" che sta "lacerando Israele". Il primo ministro Netanyahu ha chiesto di porre fine ai crescenti rifiuti di prestare servizio tra i riservisti delle Forze di difesa, dicendo che non è disposto a fare a pezzi il Paese. Netanyahu ha poi aggiunto di aver ripetutamente chiesto il dialogo sul piano di revisione e ha affermato che "non deve esserci una guerra civile". "Quando c'è una possibilità per evitare la guerra civile attraverso il dialogo, mi prendo una pausa per il dialogo", ha detto, aggiungendo che "per responsabilità nazionale" sta ritardando le letture finali di un disegno di legge controverso sulle nomine giudiziarie fino alla prossima sessione della Knesset. Infine, ha fatto sapere che "la maggior parte" dei suoi alleati sostiene la mossa.
Subito dopo il discorso di Netanyahu, il capo del più grande sindacato del Paese, lo Histadrut, ha dichiarato che revocherà lo sciopero generale che minacciava di bloccare l'economia israeliana.
La proposta di riforma giudiziaria del primo ministro Benjamin Netanyahu ha infatti scatenato grandi proteste in Israele. Un testo portato avanti dal ministro della Giustizia Yariv Levin, collega di partito di Netanyahu nel Likud, e dal deputato sionista Simcha Rothman, che presiede la commissione della Knesset per la legge e la giustizia.
Fra le misure più contestate c'è quella in base alla quale il potere della Corte suprema di rivedere o respingere le leggi verrebbe indebolito: basterebbe una maggioranza semplice in Parlamento per annullare le decisioni della Corte suprema, sottolinea la Bbc. La Knesset è composta da 120 seggi: secondo la proposta, con 61 voti, quindi con un solo voto di scarto, sarebbe possibile annullare quasi tutte le sentenze dell'Alta Corte.
Altro punto controverso è quello che consentirebbe ai politici di nominare la maggior parte dei giudici. Il governo avrebbe un'influenza decisiva su chi diventa giudice anche alla Corte Suprema, aumentando la sua rappresentanza nella commissione che li nomina.
I ministri non sarebbero tenuti a seguire i pareri dei loro consulenti legali, guidati dal procuratore generale, come invece devono fare al momento per legge.
Chi critica il piano sostiene che la riforma intenda fornire uno scudo a Netanyahu, attualmente sotto processo per corruzione e che ha sempre negato le accuse, e aiutare l'esecutivo ad approvare leggi più facilmente.
In un Paese in cui il presidente non ha il potere di rimandare le leggi al Parlamento, quest'ultimo è monocamerale e non c'è una Costituzione scritta, la Corte suprema svolge un ruolo di controllo. Se, anche a seguito di un congelamento del testo, il piano di riforma dovesse poi andare avanti nella sua forma attuale, il Guardian sottolinea che probabilmente Israele si ritroverebbe in una crisi costituzionale senza precedenti, in cui la Corte suprema potrebbe annullare alcune parti o tutta la legge disegnata per limitare i suoi poteri e il governo potrebbe scegliere di non adeguarsi.