Valico tra Turchia e Siria, lunghe file di rifugiati che tentano di rientrare nella loro patria
© Afp
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Il timore è legato al rischio che nel Paese salga la tensione nel caso in cui dovessero prevalere gli scontri fra le diverse fazioni. Positivo invece il rientro dei rifugiati dai Paesi confinanti, in particolare dalla Turchia
Dopo la caduta di Assad in Siria, con l'arrivo al potere dei ribelli islamisti guidati da Al Jolani l'Italia e molti altri Paesi Ue fermano l'asilo ai profughi originari del Paese per paura di una nuova emergenza migratoria. "Oggi siamo al fianco di tutti i siriani, nel Paese e nella diaspora, che sono pieni di speranza ma anche di coloro che temono un futuro incerto". E' appena stata diffusa questa dichiarazione, a nome dei 27 Paesi dell'Unione europea, firmata dall'Alto rappresentante Kaja Kallas, quando dalle capitali arrivano, uno dopo l'altro, gli annunci di sospensione delle domane di asilo.
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I toni variano - l'Austria evoca le "espulsioni" mentre il Belgio assicura che chi si è "integrato" potrà restare - ma il messaggio appare chiaro: caduto Assad, scatta il giro di vite sulla protezione internazionale. E anche il governo italiano opta per la sospensione dell'accoglienza delle domande dopo un vertice convocato a Palazzo Chigi da Giorgia Meloni.
I siriani, d'altra parte, per anni hanno occupato il primo posto nella lista delle nazionalità a cui veniva riconosciuto lo status di rifugiato, proprio a causa della sanguinosa guerra civile in corso, accompagnata dalla feroce repressione attuata dai vertici del regime. Nell'ultimo anno, però, si erano levate più voci - tra queste l'Italia - a favore di una normalizzazione dei rapporti con Damasco, anche per agevolare il rientro dei rifugiati in certe zone del Paese, considerate ormai sufficientemente stabili. Si trattava in realtà di un'operazione decisamente azzardata dal punto di vista del diritto, secondo vari osservatori come ong e agenzie internazionali.
Quanto alla situazione attuale l'Ue, attraverso un portavoce, ha sottolineato che, sebbene certi sviluppi facciano "ben sperare" - ad esempio la fiumana di siriani che rientrano in patria dai Paesi confinanti - è "troppo presto ancora" per valutare "gli effetti sulla dimensione migratoria". "Il rientro o meno nel Paese è una decisione individuale e per ora giudichiamo che non ci siano le condizioni per rimpatri sicuri e dignitosi in Siria", ha precisato il portavoce.
In particolare dunque, un fattore positivo è il rientro a casa di molti profughi siriani. A questo riguardo il ministro dell'Interno turco, Ali Yerlikaya, ha annunciato che ogni giorno fino a 20mila siriani rifugiati in Turchia possono rientrare in patria. "La nostra capacità giornaliera ai valichi di frontiera per i rimpatri volontari, sicuri e dignitosi era di circa 3mila persone - ha detto, secondo quanto riferisce Haberturk -. Questa era una capacità sufficiente perché transitavano 350-400 persone al giorno. Tuttavia, poiché il numero degli attraversamenti potrebbe crescere, ora abbiamo aumentato questa capacità a 15-20mila". Già da due giorni moltissimi siriani si sono diretti ai valichi di frontiera.
Intanto comunque le capitali Ue varano il primo passo, la sospensione appunto delle domande di asilo, e restano in attesa degli sviluppi sul campo temendo pure il fenomeno opposto, ovvero la ripresa dei flussi migratori se gli scontri fra fazioni dovessero prevalere. La prima a muoversi è stata la Germania, seguita da Austria e Belgio; poi i Paesi scandinavi e Parigi; infine Londra e la Svizzera. E anche l'Italia. L'Olanda pare molto incline ad aggiungersi alla lista.
Giorgia Meloni ha scelto di convocare una riunione sulla situazione in Siria, con i ministri competenti e i vertici dell'intelligence. "In un momento in cui i combattimenti ancora proseguono in alcune regioni della Siria, abbiamo ribadito l'assoluta priorità attribuita all'incolumità dei civili e alla necessità di assicurare una transizione pacifica e inclusiva", si legge nella nota diffusa da Palazzo Chigi, in cui si comunica la sospensione delle richieste di asilo "analogamente a quanto fatto da altri partner europei".
La decisione del governo, chiarisce però il vicepremier Antonio Tajani, "è una scelta temporanea". "Escluderei un arrivo di massa senza una guerra civile - spiega -, anzi molti siriani stanno rientrando in patria dalla Turchia. La Siria è un Paese che si affaccia sul Mediterraneo e per noi è vitale. Non abbiamo rischi di immigrazione irregolare in questo momento, non abbiamo rischi di terrorismo, ma bisogna vigilare perché la situazione può cambiare".
Filippo Grandi, commissario dell'Unhcr, l'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, ha avvertito che "saranno necessarie pazienza e vigilanza" prima che si possa arrivare a "ritorni volontari, sicuri e sostenibili". Sul fronte europeo la prima data utile per tentare un minimo di coordinamento è giovedì prossimo quando, al Consiglio Affari Interni, si affronterà il nodo Siria. Ma si tratta di una prima discussione informale. Poi sarà la volta del Consiglio Affari Esteri e del Consiglio Europeo della prossima settimana. L'evoluzione dello scenario siriano s'interseca con il dibattito in corso tra i 27 sul concetto di Paese terzo sicuro, che ha ricadute importanti ad esempio sul tema dei rimpatri. Venerdì scorso, al Comitato dei rappresentanti permanenti (Coreper), vi è stato un primo giro di tavolo sulla questione, che sarà poi affrontata più in profondità - spiega una fonte europea - "nella prima parte del 2025".