Il ricorso, sostenuto anche dalla creatrice di Harry Potter, era contro la decisione di permettere alle trans di accedere a servizi riservati alle donne. "È una vittoria delle donne", il commento della Rowling
È una sentenza storica, e che farà molto discutere, quella pronunciata la mattina del 16 aprile dalla Corte suprema britannica: i cinque giudici supremi del Regno Unito hanno sentenziato all’unanimità che la definizione legale di donna non include le donne transgender, anche se in possesso di certificati di riconoscimento di genere. Cioè, da oggi a Londra la legge riconosce come donna solo chi è nata biologicamente di sesso femminile.
La sentenza arriva a seguito di un ricorso contro la decisione dei giudici scozzesi che avevano stabilito che fosse corretta l'interpretazione del governo di Edimburgo dell'Equality Act del 2010 (la legge inglese sulla parità): il gabinetto aveva esteso il concetto di donna anche alle persone transgender in possesso di un certificato di riconoscimento di genere. In questo modo, anche le trans potevano, per esempio, sedere nei consigli di amministrazione pubblici in posti riservati per legge alle donne. Il ricorso contro questa decisione era stato presentato alla Suprema corte del Regno Unito dal gruppo di attivisti per le questioni di genere For Women Scotland, sostenuto e finanziato tra gli altri dalla scrittrice J.K.Rowling, la creatrice di Harry Potter che non ha mai nascosto le sue certezze a riguardo di che cosa si debba intendere per uomo e donna, cioè solo chi è nato biologicamente tale. Ora la Corte suprema ha dato loro ragione.
Il commento della stessa Rowling non si fa attendere: "La sentenza della Corte suprema protegge i diritti delle donne e delle ragazze in tutto il Regno Unito", ha scritto sul suo profilo X. Aggiungendo l'elogio alle femministe scozzesi del gruppo For Women Scotland che avevano presentato il ricorso arrivato fino al più importante tribunale del Regno. "Sono orgogliosa di voi", ha sottolineato la creatrice di Harry Potter, attiva da tempo nella polemica contro quella che anche Papa Francesco ha definito più volte "ideologia gender" e in difesa della "differenza biologica" delle donne.
I giudici della Suprema corte hanno dunque confermato all'unanimità che la definizione legale di donna corretta è "colei che è nata biologicamente femmina". Così, continuano i giudici, si possono evitare ambiguità su chi possa utilizzare servizi e spazi riservati alle donne. Inoltre, la sentenza avrà anche implicazioni sullo sport, dove ora le donne trans non potranno più gareggiare contro donne nate biologicamente tali.
La Corte Suprema del Regno Unito ha così smentito il governo scozzese che, appoggiato da avvocati e sostenitori dei diritti delle persone transgender, aveva dichiarato alla Corte che un certificato di riconoscimento di genere cambia il sesso "a tutti gli effetti". E perciò, chi è in possesso di tale certificato avrebbe avuto diritto alla tutela legale "tanto quanto coloro che godono di tale tutela essendo registrati come donne alla nascita". "La decisione unanime di questa corte è che i termini donna e sesso nell'Equality Act del 2010 si riferiscono a una donna biologica e al sesso biologico. Ma sconsigliamo di leggere questa sentenza come un trionfo di uno o più gruppi nella nostra società a spese di altri, perché non lo è", ha chiosato il giudice della Corte suprema del Regno Unito, Lord Hodge, al termine della lettura della sentenza.
Nel pronunciare la sentenza della Corte suprema del Regno Unito, il giudice Lord Hodge ha affermato che la "questione centrale" è come vengono definite le parole "donna" e "sesso" nell’Equality Act del 2010. "Questi termini si riferiscono alla donna biologica o al sesso biologico, oppure il termine "donna" deve essere interpretato come esteso a una donna trans con un certificato di riconoscimento di genere? La decisione unanime di questa corte è che i termini "donna" e "sesso" nell'Equality Act del 2010 si riferiscono a una donna biologica e al sesso biologico". E ha poi proseguito: "La definizione di sesso contenuta nell'Equality Act del 2010 chiarisce che il concetto di sesso è binario: una persona è o donna o uomo. Le persone che condividono tale caratteristica protetta ai fini dei diritti e delle tutele basati sul gruppo sono persone dello stesso sesso e le disposizioni che fanno riferimento alla protezione delle donne escludono necessariamente gli uomini. Sebbene la parola "biologico" non compaia in questa definizione, il significato comune di queste parole semplici e inequivocabili corrisponde alle caratteristiche biologiche che rendono un individuo un uomo o una donna. Si ritiene che siano autoesplicativi e non richiedano ulteriori spiegazioni. A prima vista, uomini e donne si differenziano come raggruppamento solo per la biologia che condividono con il loro gruppo". Così si ribalta la decisione dei giudici scozzesi che invece avevano sentenziato che "i termini sesso, uomo e donna nell'Equality Act fanno riferimento al "sesso certificato", cioè il sesso sul certificato di nascita di una persona, modificato o meno da un successivo certificato di riconoscimento di genere".
I giudici della Corte Suprema hanno anche affermato che l'utilizzo di un'interpretazione "certificata" del sesso creerebbe "una strana diseguaglianza di status" tra le persone trans che hanno un certificato di riassegnazione di genere e le persone trans che non ce l'hanno, senza "alcun modo ovvio di distinguere tra i due gruppi. Non vediamo alcuna buona ragione per cui il legislatore avrebbe dovuto intendere che le persone con la caratteristica protetta della riassegnazione di genere dovessero essere considerate e trattate in modo diverso ai sensi dell'Equality Act 2010 a seconda che possiedano o meno un certificato riservato, anche se in molti, se non nella maggior parte dei casi non ci sarà alcuna distinzione sostanziale nelle loro caratteristiche personali, sia per quanto riguarda l'identità di genere o l'aspetto, sia per come sono percepite o trattate dagli altri o dalla società in generale".