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La studentessa sedicenne svedese Greta Thunberg che da settembre 2018 ogni venerdi salta le lezioni per protestare contro l’inquinamento globale davanti al Parlamento di Stoccolma, con tanto di cartelli dai caratteri e dai toni forti e ultimativi, oltre ad essere stata “nominata” sui social come donna dell’anno nel suo Paese, ha ricevuto la candidatura al Premio Nobel per la pace. La sua iniziativa è stata virale e il "contagio verde" si è diffuso in tutto il pianeta, coinvolgendo milioni di studenti che domani scenderanno in piazza – senza alcun patrocinio o bandiera – per proporre il tema dell’emergenza climatica all’attenzione dei governi di tutto il mondo e per sensibilizzare l’opinione pubblica su una situazione che si va facendo drammatica in modo esponenzialmente crescente e accelerato.
Il tam-tam del web è stato dirompente e condiviso: questa è una buona notizia perché spesso l’uso delle nuove tecnologie genera tra i giovani più problemi e pericoli che vantaggi. Ma stavolta la “santa causa” che ha mobilitato le coscienze delle giovani generazioni è riuscita a scardinare la lentezza delle diplomazie, i cavilli della politica, le primazie nazionalistiche, i conflitti e le alleanze internazionali: domani milioni di ragazzi e di ragazze non marineranno la scuola per negligente inadempienza ma per uno scopo umanitario e universale che spesso il mondo degli adulti e i potenti della Terra hanno disatteso e rinviato con colpevole ritardo.
Proprio recentemente l’ONU nel suo Global Environment Outlook (GEO), un rapporto dove esamina lo stato attuale del pianeta e le sue derive autodistruttive, ha evidenziato come ormai oltre il 25% delle morti in ogni angolo della Terra, in modo diversificato tra aree ricche e povere, sono causate dall’inquinamento globale. La deforestazione galoppante, il riscaldamento globale, l’emissione di gas serra e CO2, le polveri sottili, la catena alimentare e i suoi sprechi colossali a cominciare da quello dell’acqua, l’uso dei pesticidi, l’inquinamento delle falde acquifere, dell’atmosfera, del suolo, l’esaurimento delle fonti energetiche, la cementificazione selvaggia, il consumo inarrestabile dei “poli”. Un crescendo distruttivo e tossico che sta distruggendo il pianeta.
E’ stato calcolato che rapportando la presenza della vita sulla terra alle 24 ore di un giorno, lo spazio temporale occupato dall’avvento dell’uomo corrisponderebbe agli ultimi due minuti prima della mezzanotte. E in queste poche migliaia di anni di "umanità" gli ultimi cinquant’anni sono più brevi di un nanosecondo: eppure la maggior parte dello sfacelo provocato dall’uomo è concentrato in questo soffio finale. La tutela ambientale è la precondizione contestuale alla sussistenza della vita stessa: urge, è assolutamente indilazionabile, che ogni comportamento umano, dall’azione del singolo alle scelte collettive, sia ispirato alla conservazione e alla valorizzazione della natura, alla stabilizzazione dell’ecosistema.
Finora è stato il contrario: l’ambiente è quasi un ostacolo, un nemico che rallenta un progresso che si rivela poi effimero e breve, ogni metro di verde uno spazio da conquistare. E’ fondamentale che la consapevolezza di queste problematiche maturi nelle giovani generazioni: potrebbe essere un condizionamento alla scellerata gestione del pianeta da parte dei poteri forti e probabilmente l’ultima speranza di una inversione di rotta.
Francesco Provinciali