L'Italia - secondo uno studio Coldiretti - lo scorso anno ha importato dal Paese di Putin circa 153 milioni di chili di grano
A parità di peso la pasta di grano duro è più "light" del pane bianco: ha qualche caloria in più ma un indice glicemico più basso. © Istockphoto
Dopo il gas, Mosca minaccia anche la guerra del grano. "Venderemo cibo e prodotti agricoli solo ai Paesi amici", ha scritto su Telegram il vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo Dmitry Medvedev. Sostenendo che i prodotti alimentari a disposizione della Russia sono sufficienti a soddisfare le esigenze interne, Medvedev ha affermato: "Forniremo cibo e raccolti solo ai nostri amici (fortunatamente ne abbiamo molti, e non sono in Europa e Nord America). Non forniremo invece i nostri prodotti agricoli ai nostri nemici, da cui non compreremo nulla", ha aggiunto l'ex presidente russo.
Una minaccia che la Coldiretti ha subito quantificato per le possibili conseguenze nel nostro Paese. L'Italia, ha spiegato, "lo scorso anno ha importato dal Paese di Putin circa 153 milioni di chili di grano, dei quali 96 milioni di chili di tenero per la panificazione e 57 milioni di chili di duro per la produzione di pasta". "La Russia - ha sottolineato ancora l'associazione - è diventato il principale esportatore mondiale di grano ma la dipendenza dell'Italia risulta limitata con appena il 2,3% del totale del grano importato dall'estero, tra duro e tenero. A preoccupare l'Italia sono soprattutto le difficoltà nelle semine primaverili di cereali in Ucraina che - ha osservato ancora la Coldiretti - saranno praticamente dimezzate su una superficie di 7 milioni di ettari rispetto ai 15 milioni precedenti all'invasione della Russia, che sta bloccando anche le spedizioni dai porti del Mar Nero".
Per il commissario Ue per gli Affari economici e monetari Paolo Gentiloni poi, la minaccia russa di tagliare le forniture alimentari di grano "non ha conseguenze per la sicurezza alimentare dell'Europa, ma può avere conseguenze sui prezzi e a pagare sarebbero i Paesi più in difficoltà, per esempio in Africa, dove ci sono carestie e problemi di sicurezza alimentare".